L'eredità culturale del cristianesimo irlandese

Le prime notizie sulla presenza cristiana in Irlanda riguardano la missione del chierico Palladio, inviato sull’isola dal papa nel 431, ma il Vangelo doveva essere giunto in loco già prima, sebbene non avesse attecchito. In effetti la vera diffusione del cristianesimo in Irlanda si deve all’opera missionaria del vescovo Patrizio (385 – 461), futuro santo e patrono d’Irlanda. Patrizio, nato non si sa bene dove, a sedici anni fu rapito dal re Niall e venduto come schiavo al re Muirchu. Nel reame di quest’ultimo, oltre a consolidarsi nella fede della sua famiglia d’origine, il cristianesimo, apprese la lingua gaelica e la mitologia celtica. Dopo sei anni di cattività fuggì e si fece diacono. In Gallia, San Germano d’Auxerre lo consacrò vescovo, successivamente papa Celestino I affidò a lui l’evangelizzazione dell’Irlanda, missione che porterà avanti con successo predicando in lungo e in largo e fondando monasteri. Non sorprende che attorno ad una figura di tale calibro siano sorte nel tempo diverse leggende, come quella secondo la quale avrebbe liberato l’Irlanda dai serpenti, irreperibili sull’isola tuttora (almeno in natura). Anche il simbolo dell’Irlanda, il trifoglio, è legato a lui: si dice che lo usasse per spiegare il concetto della Trinità. Con l’arrivo della nuova religione, l’Irlanda passò da tradizioni puramente orali a tradizioni scritte di stile cronachistico. I monaci affidarono alla scrittura anche racconti tratti dalla vecchia mitologia celtica, salvandola in parte dall’oblio.

Sin da subito il cristianesimo irlandese si contraddistinse per un carattere monacale (soprattutto dal VI secolo vengono fondati monasteri ovunque, e gli abati sono i veri responsabili delle comunità cristiane locali al posto dei vescovi) e per la forte vocazione missionaria: i monaci irlandesi spingono la loro predicazione anche al di fuori dell’isola, e importanti monasteri vengono fondati anche in altri paesi. Già a cavallo tra VI e VII secolo San Colombano fonda monasteri tra i Franchi, come ad esempio quello di Luxeuil in Borgogna, e in Lombardia, come l’Abbazia di Bobbio. Non c’è da stupirsi dunque se in una sua lettera questo instancabile giramondo (sarà proclamato protettore dei motociclisti proprio per il suo amore per gli spazi aperti) abbia sostenuto che gli europei avrebbero dovuto costituire un solo popolo, unito dalle comuni radici cristiane in nome delle quali le barriere etniche e culturali andavano superate. I monasteri di matrice irlandese diventeranno roccaforti di cultura (non solo diedero impulso all’arte e al sapere, ma usualmente fornivano anche lezioni e libri gratuiti a chi fosse interessato ad imparare) mentre altrove, per esempio nella società tardo-merovingia, la cultura attraversava una grande crisi. L’abbazia di Bobbio deve la sua fama all’importante ruolo svolto nella lotta alla diffusione in zona dell’arianesimo, ma soprattutto al suo Scriptorium che sul finire del X secolo custodiva oltre settecento codici tra scritti religiosi, opere di autori latini, trattati scientifici e libri di medicina, agricoltura, musica ecc.
L’arte sacra irlandese, destinata ad essere una delle radici più feconde da cui emerse l’arte occidentale dei secoli successivi, era molto particolare per via della curiosa e sorprendente influenza dei modelli provenienti dal cristianesimo copto del lontano Egitto.
1 L'ultima pagina del Codice Glazier, un manoscritto copto del IV-V secolo.
Notare le tipiche trame ad intreccio che saranno poi imitate dagli artisti irlandesi


2 Intrecci anche in questo manoscritto copto risalente ad un periodo che va dal IV al VI secolo.
Ritrovato nel monastero di Qasr el-Wizz

Una serie di fattori economici favorì scambi commerciali tra le due aree e in Irlanda arrivarono così manufatti copti dalle caratteristiche decorazioni, inoltre l’isola accolse anche l’afflusso di monaci egiziani in fuga da situazioni politiche e sociali molto tumultuose, e questi monaci qualche volta si portarono dietro libri del loro paese. Un celebre esempio di influenza dell’arte copta su quella irlandese è costituito dal manoscritto dell’evangeliario di Kells, composto a cavallo tra VIII e IX secolo. Il libro è ricco di miniature e decorazioni, perfino alcuni errori di scrittura nel testo furono corretti dai monaci utilizzando sofisticati simboli ornamentali (ma qualche errore di copiatura è ancora evidente, visto che tuttora sul manoscritto è possibile leggere, a causa dello scambio tra le parole “Gladium” e “Gaudium”, “Non sono venuto a portare la pace ma la gioia”, anziché la corretta frase di Gesù “Non sono venuto a portare la pace ma la spada”).


3 Cristo in trono, dall'Evangeliario di Kells, esempio di appropriazione dei motivi ornamentali copti

Tipico dell’arte copta è il ricorrente ornamento marginale a intreccio. Influenze copte anche negli affreschi della chiesa di San Procolo di Naturno (Val Venosta), realizzati tra VIII e IX secolo, dove una scena che potrebbe rappresentare tanto la fuga da Verona di San Procolo quanto quella da Damasco di San Paolo tradisce una probabile dipendenza da un perduto modello copto, per via della forte stilizzazione e della fascia marginale a intreccio.
4 Influenze copte anche in quest’affresco della chiesa di San Procolo di Naturno (a sinistra): data la dedicazione della chiesa, potrebbe trattarsi di san Procolo in fuga da Verona, tuttavia l’iconografia è identica a quella usata altrove per san Paolo fuggente da Damasco (a destra un esempio raffigurato in un mosaico della cattedrale di Monreale, Sicilia).

Un importante apporto dato alla cultura occidentale dal cristianesimo irlandese fu la diffusione dell’iconografia del Cristo impatibilis, ossia quel Cristo che, pur in croce, non mostra vistosi segni di sofferenza. Questa iconografia è in realtà antichissima, ne troviamo un esempio anche in una miniatura di un evangeliario trascritto nel 586 dal Calligrafo Rabbula nella città mesopotamica di Zagba, ed è tipica di paesi monofisiti quali erano l’Egitto e la Siria. Il monofisismo è infatti una dottrina, reputata poi eretica dalla grande Chiesa, secondo la quale Cristo aveva una sola natura, quella divina, ed è dunque comprensibile che non potesse concepire un Cristo unicamente divino in preda alle sofferenze della crocefissione.
5 Prima raffigurazione miniata del crocefisso, dall'Evangeliario di Rabbula del 586.
La sofferenza di Cristo è appena accennata

Questo modo di rappresentare il crocifisso si diffuse in Occidente attraverso la via irlandese, oltre che tramite cristiani provenienti dalla Siria e stabilitisi a Roma. Il ben diverso Christus patiens si diffonderà solo qualche secolo dopo. Esempi del Cristo impassibile realizzati da artisti irlandesi sono il crocefisso di bronzo di Athlone (Irlanda) e una miniatura dell’evangeliario di San Gallo.

6 L'impassibilità del crocefisso di Athlone

7 Il crocefisso nell'Evangeliario di San Gallo

Purtroppo agli inizi del IX secolo le invasioni vichinghe pongono fine a questa grande stagione culturale sull’isola da cui tutto cominciò: gli invasori saccheggiano e distruggono numerosi santuari e monasteri, con grossi ed irreparabili danni al patrimonio artistico e alle attività intellettuali legati a queste istituzioni. Tra i centri religiosi e culturali profanati e devastati dai Vichinghi figurano i santuari insulari di Inishmurray e di Skellig Michael e i monasteri di Bangor, Clonmacnoise, Armagh, Clonfert e Terryglass (qualche foto a fine articolo). Fu un’epoca buia ben descritta da questi versi poetici dell’epoca:

“Forte è il vento stanotte,
Esso scompiglia i bianchi capelli dell’oceano:
Stanotte non temo che i crudeli guerrieri di Norvegia
Vengano sul mare calmo”

Ma questa tragedia fu l’ennesimo motore di emigrazione di monaci dall’Irlanda al resto d’Europa, con trasporto dei libri sopravvissuti alle devastazioni per lunghe distanze, al punto che gli studiosi spesso faticano a risalire al luogo di provenienza di un manoscritto. Mentre l’Irlanda era messa alla prova dai razziatori, i suoi figli nel continente (da ricordare i circoli di irlandesi colti in città come Laon, a nord-est di parigi, e Liegi, a est di Bruxelles, nonché il monaco irlandese Giovanni Scoto Eriugena, considerato tra i maggiori filosofi altomedievali) contribuivano a gettare le basi della futura cultura europea.
9 Veduta aerea di Inishmurray

8 Ancora Inishmurray dall’alto

11 Le rovine di Inishmurray

10 Una tipica croce in stile irlandese a Inishmurray

12 Skellig Michael

13 Il sito di Skellig Michael da vicino

14 Un altro punto di vista su Skellig Michael

15 Cattedrale di Clonfert con annesso camposanto

16 Ciò che resta di Clonmacnoise



BIBLIOGRAFIA:
“I regni dei Celti”, Myles Dillon e Nora Chadwick, Il Saggiatore 1968
“Storia e cultura di Bisanzio”, Hans-Wilhelm Haussig, Il Saggiatore 1964
“La Chiesa anglicana”, J.W.C. Wand, Il Saggiatore 1967
“Il cristianesimo orientale”, Nicholas Zernov, Il Saggiatore 1962

“La Chiesa delle origini”, John Gordon Davies, Il Saggiatore 1966





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