Ossessione imperiale: le radici bibliche del mito di Roma


"Finché esisterà il Colosseo, esisterà Roma; quando cadrà il Colosseo, cadrà anche Roma; ma quando cadrà Roma, anche il Mondo cadrà"
(Attribuita a Beda il Venerabile, 673 - 735)


Assieme all'Impero Romano d'Occidente nel 476 d.C. non è caduta anche Roma come ideale, tanto che la parte orientale dell'Impero, che sempre si era sentita romana e che si era organizzata attorno ad una città, Costantinopoli, che era stata definita "Nuova Roma" e i cui abitanti si erano sempre detti Romani, nemmeno aveva preso coscienza della caduta di alcunché. Quando poi la Seconda Roma fu conquistata dai Turchi, una Terza Roma, Mosca, sorse a raccoglierne l'eredità garantendo almeno idealmente la sopravvivenza a dispetto di tutto dell'Impero Romano.
Non che a Occidente siano rimasti a guardare, visto che nel Medioevo prende forma un'entità politica che tenterà di raccogliere l'eredità culturale di Roma e che passerà alla storia come Sacro Romano Impero, sebbene secondo Voltaire questa forza non arrivò mai ad essere davvero un impero, tantomeno sacro e romano.
In questo moltiplicarsi di Rome, con capi di stato che riproducevano nei propri titoli quello di Cesare (Kaiser in Germania, Zar in Russia, ecc), lo spettatore moderno potrebbe essere indotto a pensare che la storia di Roma sia stata così gloriosa ed unica da creare una suggestione in grado di travalicare luoghi ed epoche. Eppure quello romano non fu l'unico grande impero della storia, non fu l'unica entità politica a vantare una durata secolare,non fu l'unico stato a vantare primati di un tipo o dell'altro. Forse, a dispetto di chi oggi si rifà nostalgicamente a queste coordinate di matrice pagana, alla base del perdurare del mito di Roma potrebbe esserci una storia della Bibbia.
Nel Libro di Daniele il re babilonese Nabucodonosor è turbato da un sogno misterioso e ne chiede il significato ad indovini, maghi ed astrologi. Per essere sicuro della loro autorità in materia però si rifiuta di raccontare il sogno, sostenendo che chi fosse stato in grado di interpretare il sogno di sicuro sarebbe stato in grado anche di indovinarlo. Nessuno degli interpellati è in grado di esaudire la pretenziosa richiesta del re, e questi decide dunque di far uccidere tutti i saggi di Babilonia.
Mentre già venivano eseguite le prime condanne a morte, si presenta al cospetto del re il profeta Daniele, che aveva ricevuto in una visione notturna la soluzione all'enigma posto dal sovrano:

«Il mistero di cui il re chiede la spiegazione non può essere spiegato né da saggi né da indovini, né da maghi né da astrologi; ma c'è un Dio nel cielo che svela i misteri ed egli ha fatto conoscere al re Nabucodònosor quello che avverrà alla fine dei giorni. Ecco dunque qual era il tuo sogno e le visioni che sono passate per la tua mente, mentre dormivi nel tuo letto. O re, i pensieri che ti sono venuti mentre eri a letto riguardano il futuro; colui che svela i misteri ha voluto farti conoscere ciò che dovrà avvenire. Se a me è stato svelato questo mistero, non è perché io possieda una sapienza superiore a tutti i viventi, ma perché ne sia data la spiegazione al re e tu possa conoscere i pensieri del tuo cuore. Tu stavi osservando, o re, ed ecco una statua, una statua enorme, di straordinario splendore, si ergeva davanti a te con terribile aspetto. Aveva la testa d'oro puro, il petto e le braccia d'argento, il ventre e le cosce di bronzo, le gambe di ferro e i piedi in parte di ferro e in parte d'argilla. Mentre stavi guardando, una pietra si staccò dal monte, ma senza intervento di mano d'uomo, e andò a battere contro i piedi della statua, che erano di ferro e d'argilla, e li frantumò. Allora si frantumarono anche il ferro, l'argilla, il bronzo, l'argento e l'oro e divennero come la pula sulle aie d'estate; il vento li portò via senza lasciare traccia, mentre la pietra, che aveva colpito la statua, divenne una grande montagna che riempì tutta la terra. Questo è il sogno: ora ne daremo la spiegazione al re. Tu, o re, sei il re dei re; a te il Dio del cielo ha concesso il regno, la potenza, la forza e la gloria. Dovunque si trovino figli dell'uomo, animali selvatici e uccelli del cielo, egli li ha dati nelle tue mani; tu li domini tutti: tu sei la testa d'oro. Dopo di te sorgerà un altro regno, inferiore al tuo; poi un terzo regno, quello di bronzo, che dominerà su tutta la terra. Ci sarà poi un quarto regno, duro come il ferro: come il ferro spezza e frantuma tutto, così quel regno spezzerà e frantumerà tutto. Come hai visto, i piedi e le dita erano in parte d'argilla da vasaio e in parte di ferro: ciò significa che il regno sarà diviso, ma ci sarà in esso la durezza del ferro, poiché hai veduto il ferro unito all'argilla fangosa. Se le dita dei piedi erano in parte di ferro e in parte d'argilla, ciò significa che una parte del regno sarà forte e l'altra fragile. Il fatto d'aver visto il ferro mescolato all'argilla significa che le due parti si uniranno per via di matrimoni, ma non potranno diventare una cosa sola, come il ferro non si amalgama con l'argilla fangosa. Al tempo di questi re, il Dio del cielo farà sorgere un regno che non sarà mai distrutto e non sarà trasmesso ad altro popolo: stritolerà e annienterà tutti gli altri regni, mentre esso durerà per sempre. Questo significa quella pietra che tu hai visto staccarsi dal monte, non per intervento di una mano, e che ha stritolato il ferro, il bronzo, l'argilla, l'argento e l'oro. Il Dio grande ha fatto conoscere al re quello che avverrà da questo tempo in poi. Il sogno è vero e degna di fede ne è la spiegazione»
(Daniele 2:27-45)


Nabucodonosor vede la statua in sogno, da un'Ars Moriendi francese del XV secolo

Quello che a tutta prima sembra un passo che nulla ha a che fare con le questioni che stiamo trattando, ha avuto invece un ruolo di grande rilevanza nell'alimentare il mito di Roma. Infatti generalmente in era cristiana si è ragionato in questo modo: dal momento che la testa d'oro della statua è il regno babilonese, i regni seguenti rappresentati dalle altre parti della statua, a giudicare da quanto avvenuto nei secoli ,non possono che essere, in ordine, quello medo-persiano, quello greco di Alessandro Magno e infine quello romano. Dopo di questi il Regno di Dio, la pietra venuta a distruggere ogni potere terreno per instaurare una sovranità destinata a durare per sempre.
Il problema di una lettura di questo tipo è che pone come ultimo impero terreno quello romano, a seguire del quale, sostanzialmente, non può che venire la fine del mondo.
Da questo momento in poi nel mondo cristiano chiunque avesse voluto dominare, fosse stato anche un barbaro proveniente dagli estremi confini del mondo sconosciuto, avrebbe dovuto necessariamente presentarsi come continuatore della romanitas, in quanto diversamente non sarebbe stato considerato vero e legittimo. Il fatto è che nessuno avrebbe potuto sostituirsi all'impero romano senza causare ipso facto la fine del mondo, e questo voleva naturalmente dire che, se qualcuno avesse provato a farlo, in assenza di fine del mondo avrebbe fatto pensare a molti che evidentemente Roma non era ancora davvero morta e che quindi da qualche parte doveva esserci un potere veramente legittimo.In una situazione del genere qualunque rivale si fosse presentato come romano avrebbe avuto maggior credito e autorità.

Il rapporto tra Roma e cristianità fu discusso da subito, essendo un problema molto sentito, e ad un Eusebio di Cesarea (263 - 339) che concepiva l'impero Romano come uno strumento utilizzato dalla Provvidenza per preparare il terreno alla vera fede rispondeva idealmente Agostino (354 - 430) con la convinzione che tutto sommato il cristianesimo però era sufficientemente autonomo da Roma da poter sopravvivere alla sua fine. Quest'ultimo tra l'altro, rifacendosi a San Girolamo, vedeva negli imperi profetizzati da Daniele proprio quelli babilonese, persiano, greco e romano:

"Alcuni hanno spiegato che i quattro regni sono quelli degli Assiri, Persiani, Macedoni e Romani. Coloro che desiderano sapere con quale criterio abbiano dato tale spiegazione leggano il libro del prete Girolamo su Daniele, compilato con competenza e metodo"
(La città di Dio, XX, 23)

Infatti San Girolamo così aveva commentato la profezia di Daniele:

" "La testa d'oro", dice "sei tu, o re". Con questa affermazione è chiaro che il primo impero, il babilonese, è paragonato al metallo più prezioso, l'oro.
Versetto 39. "E dopo di te sorgerà un altro impero inferiore a te, fatto d'argento".Vale a dire, l'impero dei medi e dei persiani, che ha una somiglianza con l'argento, essendo inferiore all'impero precedente e superiore a quello che deve seguire. "E un terzo impero di bronzo, che governerà su tutta la terra." Ciò significa l'impero alessandrino, e quello dei macedoni e dei successori di Alessandro. Ora questo è correttamente chiamato di bronzo, perché tra tutti i metalli il bronzo possiede un'eccezionale risonanza e uno squillo chiaro, e l'esplosione di una tromba di bronzo viene ascoltata in lungo e in largo, così che questo simboleggia non solo la fama e il potere dell'impero ma anche l'eloquenza della lingua greca. Versetto 40. "E ci sarà un quarto impero simile al ferro: come il ferro spezza e frantuma tutto, così quel regno spezzerà e frantumerà tutto ..."Ora il quarto impero, che chiaramente si riferisce ai Romani, è l'impero di ferro che distrugge e supera tutti gli altri [...] Tuttavia, nel periodo finale di tutti questi imperi di oro e argento, bronzo e ferro, una roccia (cioè il Signore e Salvatore) fu tagliata senza mani, cioè senza copula o seme umano e per nascita dal grembo di una vergine ; e dopo che tutti gli imperi furono schiacciati, divenne una grande montagna e riempì tutta la terra"
(Commentario a Daniele)

Una versione alternativa di questa dottrina fu proposta da Paolo Orosio, che reputava che i quattro imperi dovessero essere, nell'ordine, quello babilonese, quello greco, quello cartaginese e quello romano:

"E se da Dio vengono i poteri, a più forte ragione verranno da lui i regni dai quali gli altri poteri procedono. E se da lui vengono i vari regni, è tanto più giusto che da lui provenga quel regno più grande, qualunque esso sia, al quale è sottoposta tutta la potestà degli altri regni. Così fu. All’inizio, l’impero babilonese, poi quello macedonico, successivamente quello africano, e infine l’impero di Roma, che dura ancor oggi. Ed è per questo ordine meraviglioso che i quattro imperi esercitarono la loro autorità in tempi distinti nelle quattro parti del mondo: il babilonese in Oriente, il cartaginese nel Mezzogiorno, il macedonico nel Settentrione e il romano in Occidente. Tra il primo e l’ultimo di essi, vale a dire tra il babilonese e il romano, come tra un padre vecchio e il figlio ancor piccolo, intercorsero due imperi di breve durata, l’africano e il macedone, quasi fossero tutori e curatori, subentrati non tanto per diritto di eredità, quanto per la forza del tempo"
(Le storie contro i pagani, II, 1)

Ma la sua variazione sul tema non ebbe seguito, e per i secoli successivi si continuerà a discutere attorno all'interpretazione originaria dei passi di Daniele.

Fu comunque questa visione che indusse Costantinopoli, nell'intento di legittimare il proprio potere, a  porsi, in contrasto con la sua fiera cultura greca, come la vera continuatrice della romanitas. Costantinopoli in realtà veniva chiamata dai suoi abitanti "Roma", la stessa urbanistica della città si arricchì nel tempo di elementi che riproducevano in qualche modo degli analoghi che si trovavano nella vecchia Roma, e gli abitanti stessi si dicevano "romani". Tutto ciò però andava giustificato, ed ecco dunque in aiuto una riflessione politico-religiosa elaborata da Andrea di Cesarea.
Questo autore di cui poco sappiamo, tra sesto e settimo secolo scrisse un commento all'Apocalisse di Giovanni che fu molto utilizzato in Oriente per legittimare il potere politico di Costantinopoli.
Nel capitolo 17 dell'Apocalisse fa la sua comparsa la "grande prostituta", la quale cavalca una bestia scarlatta con sette teste e dieci corna:

"Qui ci vuole una mente che abbia saggezza. Le sette teste sono i sette colli sui quali è seduta la donna; e sono anche sette re. I primi cinque sono caduti, ne resta uno ancora in vita, l'altro non è ancora venuto e quando sarà venuto, dovrà rimanere per poco"
(Apocalisse 17:9-10)

Andrea commenta questi versetti come segue:

"Le sette teste e i sette colli pensiamo implichino sette luoghi che si distinguono nel mondo per preminenza e potere [...] Il primo fu il regno degli Assiri a Ninive, il secondo la dinastia dei Medi ad Ectabana dal tempo di Arbace, colui che dominò gli Assiri e di cui si dice che distrusse il re Sardanapalo. Dopo di questo venne il regno dei Caldei a Babilonia, su cui governava Nabucodonosor.
Dopo la dissoluzione di questo fu stabilita la supremazia dei Persiani a Susa sotto Ciro, a cui però pose fine Alessandro re dei Macedoni. Dopo i Macedoni è venuto il potere dei Romani nella Vecchia Roma [...] controllato da imperatori empi fino a Costantino e dopo la dissoluzione del quale gli offici imperiali di sovrani finalmente amanti di Cristo sono stati trasferiti alla Nuova Roma."

In sostanza dunque Andrea considera il potere romano trasferitosi a Costantinopoli, città che rappresenta, lei, l'ultimo potere terreno prima della fine dei tempi.

La grande prostituta in sella alla bestia dalle sette teste, riprdotta da Hans Burgkmail il Vecchio in un'edizione del Nuovo Testamento del 1523 tradotta da Martin Lutero

In Occidente anche esiste una teoria della translatio imperii, secondo la quale il Sacro Romano Impero aveva raccolto l'eredità dell'impero carolingio, che a sua volta non aveva fatto altro che succedere al vecchio impero romano. Così Frutolf di Michelsberg, per fare un esempio, spiegava il passaggio delle prerogative imperiali a Carlo Magno, senza negare però un ruolo agli imperatori d'Oriente:

"Dai tempi di Costantino il grande, figlio di Elena, fino ad allora, l'impero romano rimase a Costantinopoli e fu detenuto dagli imperatori dei Greci: fu solo attraverso Carlo che fu trasferito ai re o imperatori franchi"

L'idea della conservazione della romanitas non viene mai meno, ed è per questo che da un certo momento in poi l'Impero ci terrà a definirsi, oltre che Sacro, Romano.

L'idea che l'Impero Romano dovesse conservarsi fino alla fine dei tempi fece temere che il mondo fosse prossimo a finire quando Costantinopoli cadde definitivamente in mano ai Turchi (anche perché qualcuno aveva calcolato che la fine del mondo dovesse avvenire nel 1492, ossia, secondo una stima diffusa all'epoca, a 7000 anni dalla creazione). Come già detto però sorse Mosca a raccogliere lo scettro del comando perduto da Costantinopoli, come ben spiega il monaco Filoteo in una lettera indirizzata al granduca di Mosca Basilio III:

"La Chiesa dell'antica Roma cadde per la sua eresia; le porte della seconda Roma, Costantinopoli, furono abbattute dalle asce dei Turchi infedeli; ma la Chiesa di Mosca, la nuova Roma, risplende più del sole su tutto l'universo. Tu sei il sovrano ecumenico, tu devi reggere le redini del governo nel timore di Dio: abbi timore di Lui che te le ha affidate. Due Rome sono cadute, ma la terza rimane salda in piedi; una quarta non vi sarà. Il tuo Regno Cristiano non sarà mai dato ad alcun altro sovrano"

Fu tra l'altro, quella di Filoteo, una scommessa ardita, perché all'epoca (XVI secolo) Mosca era ancora una città molto poco influente. Ad ogni modo qualche anno dopo Ivan IV assunse il titolo di Zar, ossia di Cesare, e sulle tre Rome vennero proiettate le persone della Santissima Trinità: la prima Roma era il Padre e la seconda il Figlio, il che significava che la Terza Roma, Mosca, rappresentava lo Spirito Santo.

L'aquila bicipite divenne, presto o tardi, un simbolo, ufficiale o ufficioso che fosse, di tutt'e tre gli imperi. Nell'ordine: l'aquila bicipite all'ingresso del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, una rappresentazione araldica del Sacro Romano Impero ad opera di Hans Burgkmair il Vecchio (1510) e lo stemma russo riportato in una tavola degli Acta Eruditorum del 1708

In conclusione potremmo notare che forse qualcosa di simile, con tutte le riserve del caso, ad un'ossessione per Roma ha interessato anche l'Islam dei primordi. Già il Corano dedica la sura XXX ai Romani, che in questo caso sono i bizantini di Eraclio, sconfitti dai Persiani in Palestina:

"Sono stati sconfitti i Romani nel paese limitrofo; ma poi, dopo essere stati vinti, saranno vincitori, tra meno di dieci anni - appartiene ad Allah il destino del passato e del futuro - e in quel giorno i credenti si rallegreranno dell'aiuto di Allah: Egli aiuta chi vuole, Egli è l'Eccelso, il Misericordioso"

In questo caso Maometto sembra parteggiare per loro, e profetizza anche la loro futura rivincita. In alcuni Hadith però Roma diventa la città da conquistare, e questa impresa assume toni apocalittici, visto che solo dopo il suo raggiungimento i tempi saranno maturi per l'avvento del Dajjal, la figura malvagia che alla fine del mondo, similmente all'anticristo della visione escatologica cristiana, sedurrà con prodigi grandi masse di uomini conducendole alla perdizione:

"Invaderete la Penisola arabica, e Allah vi darà la forza per conquistarla. Poi invaderete la Persia, e Allah vi darà la forza per conquistarla. Poi invaderete Roma, e Allah vi darà la forza per conquistarla. Quindi combatterete il Dajjal, e Allah vi darà la forza per sconfiggerlo"

Dunque in qualche modo anche nell'escatologia musulmana delle origini il mondo sembra destinato a durare finché Roma non cade. Resta solo da capire se in questo hadith proveniente dalla raccolta Saheeh Muslim  il riferimento è alla Vecchia Roma o alla Nuova, ossia a Costantinopoli. Possiamo sposare la prima ipotesi alla luce di un altro hadith, stavolta della raccolta Al-Mustadrak di Hakim al-Nishaburi, che dimostra che nella visione escatologica che sta emergendo la Roma italiana dev'essere l'ultimissima conquista prima della fine dei tempi, successiva a quella di Costantinopoli:

"Quale delle due città verrà conquistata per prima, Costantinopoli o Roma? E il profeta rispose: la città di Eraclio verrà conquistata per prima"

Forse tutto ciò non c'entra nulla con la nostra storia, ma c'è stato chi si è chiesto se per caso questa particolare attenzione verso Roma non possa essere stata influenzata ancora una volta, anche solo indirettamente, dal Libro di Daniele.





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