Alla scoperta della TRE, la Teoria delle Risonanze Evolutive

Una drastica rielaborazione di quella famosa infografica che ancora oggi in molti testi divulgativi vorrebbe rappresentare il lungo cammino evolutivo dell'uomo attraverso i suoi passaggi meglio conosciuti. In questa variante tutto è scardinato: dalla scimmia si passa all'uomo con un salto discontinuo, senza gli ominidi intermedi che siamo abituati a vedere di solito. Si tratta di un'immagine scherzosa utilizzata spesso nella divulgazione della TRE per indicarne una caratteristica distintiva: l'idea che l'evoluzione avvenga per salti anziché gradualmente. La linea rossa che, impennandosi nel centro, separa la scimmia dall'uomo, è un modo per ricordare il fenomeno fisico della risonanza, cruciale nella teoria. 

La teoria dell'evoluzione si presta ancora oggi a numerosi equivoci: la si identifica tout court col darwinismo o, se va bene, col neodarwinismo, e nella divulgazione di massa viene spesso presentata in una forma obsoleta che in realtà gli scienziati hanno già da tempo rigettato almeno in parte.
Darwin, e il suo contemporaneo Wallace di cui si parla molto meno, non hanno certo teorizzato per primi l'evoluzione dei viventi, possibilità attorno alla quale gli intellettuali discutevano già da tempo, ma si sono limitati a fornire una possibile spiegazione del meccanismo di funzionamento dell'evoluzione. La loro idea non era nemmeno nuova di zecca, visto che, come già detto altrove, era già stata concepita all'epoca di Aristotele, sebbene non avesse trovato seguito. Fondamentalmente Darwin pensava che le specie variassero in questo modo: nel corso delle generazioni compaiono mutazioni casuali del fenotipo, quelle che si rivelano più adatte a risolvere i problemi posti dall'ambiente favoriscono gli individui nel trasmettere il proprio corredo di caratteri, mutazione inclusa, mentre quelle dannose per il portatore naturalmente condannano l'individuo ad una maggior difficoltà di trasmissione dei propri caratteri. Ne consegue che le prime avranno ottime probabilità di diffondersi, trasmettersi attraverso le generazioni e, in definitiva, di fissarsi nella specie, mentre le seconde andranno rapidamente estinguendosi. Si dice che il modello darwiniano vede nelle mutazioni casuali una fucina di novità che poi vengono selezionate dalle pressioni ambientali. Si è ritenuto a lungo che questo modello potesse render conto dell'evoluzione delle specie e c'è ancor oggi chi lo pensa. Il modello neodarwiniano aggiorna Darwin all'era della genetica, di cui lo scienziato inglese non poteva saper nulla, ma conserva intatto questo principio generale.
Un problema della teoria originaria è che Darwin aveva immaginato le mutazioni lente e graduali:

"Se si potesse dimostrare l'esistenza di un qualsiasi organo complesso che non abbia potuto essere formato attraverso modificazioni numerose, successive, lievi, la mia teoria dovrebbe assolutamente cadere"
(L'origine delle specie, 1859)

ma la documentazione fossile mostrava impressionanti salti evolutivi tra le specie di uno strato geologico e quelle degli strati adiacenti. Inizialmente Darwin riteneva di poter trovare conferma delle proprie teorie proprio nella documentazione fossile, ma quando questa restituì un quadro completamente diverso da quello immaginato da lui, Darwin difese la sua teoria sostenendo che il record paleontologico non poteva che essere incompleto e lacunoso, per via delle difficoltà con cui si verifica la fossilizzazione di un organismo e dei complessi meccanismi di sedimentazione degli strati geologici. La sua osservazione era ragionevole, ma purtroppo sul momento, mentre salvava la sua teoria da un'incontrovertibile confutazione, contemporaneamente la estrometteva dal novero delle affermazioni scientifiche secondo il criterio epistemologico di Popper, in base al quale un'affermazione per dirsi scientifica dev'essere falsificabile in linea di principio.
Oggi, contrariamente a quanto molti potrebbero pensare, soprattutto a causa di una divulgazione rimasta ferma a decenni fa, il paradigma neodarwinista scricchiola sotto il peso delle nuove acquisizioni della genetica, in particolare si è visto che il rapporto tra mutazioni genetiche e fenotipiche non è affatto lineare come si credette ai primordi della disciplina, e che prima che la selezione ambientale possa operare sui cambiamenti genetici questi sono stati già ampiamente determinati da una serie di vincoli interni che sostanzialmente riducono di molto il ruolo della selezione naturale nell'evoluzione delle specie. Esistono anche obiezioni più "filosofiche", infatti c'è stato chi ha messo in luce un celato finalismo nella teoria darwiniana, che nasce invece proprio per ridurre tutto il fenomeno dell'evoluzione al mero caso. Infine, ma ci torneremo, il meccanismo mutazioni casuali + selezione naturale sembra molto più plausibilmente un sistema conservativo piuttosto che un promotore di novità.
Per concludere questa premessa, bisogna ricordare che una descrizione scientifica può essere di vari tipi, ad esempio può ricorrere , per ogni singolo fenomeno osservato, a narrazioni ad hoc costruite a posteriori, sebbene organizzate attorno ad assunzioni generali sulle dipendenze causali delle varie specie di eventi, oppure può ricercare piuttosto una vera e propria legge universale che possa inquadrare tutti i fenomeni. Alla prima categoria appartengono darwinismo e neodarwinismo, mentre alla seconda appartiene la Teoria Delle Risonanze Evolutive (TRE) del napoletano Achille Damasco.
Damasco non rifiuta in linea di principio l'esistenza di mutazioni dovute semplicemente al caso e di una pressione selettiva da parte dell'ambiente sulle mutazioni, ma ne trae conseguenze diverse da quelle tratte da Darwin ed epigoni. L'elemento di novità della sua teoria sta però fondamentalmente nell'aver modellizzato l'evoluzione delle specie mediante un paragone col sistema fisico dell'oscillatore forzato. Uno dei vantaggi maggiori del suo punto di vista, è che prevede un'evoluzione a salti discontinui perfettamente in accordo con gli stessi dati paleontologici che avevano messo in crisi Darwin.

Foto d'epoca di un'esposizione al museo Darwin di Mosca

In fisica un oscillatore armonico è un sistema che oscilla attorno ad una posizione di equilibrio con una sua frequenza caratteristica. Viene forzato quando sottoposto ad una forza esterna che oscilla anch'essa con una sua frequenza. Se la frequenza propria dell'oscillatore è v0 e quella della forza esterna è v, potendo trascurare fattori di smorzamento abbiamo che:

per v<<v0 la forza non riesce ad influenzare il moto del sistema su cui agisce, che continua ad oscillare praticamente imperturbato con la frequenza v0

per v>>v0 la forza causa uno smorzamento delle oscillazioni del sistema

mentre all'approssimarsi di v a v0  l'ampiezza delle oscillazioni del sistema aumenta fino al massimo, corrispondente a v = v0, una condizione che viene detta di risonanza.



Grafico che evidenzia come, per vari valori del coefficiente di smorzamento, l'ampiezza dell'oscillazione vari al variare della frequenza della forzante. Si vede che per smorzamenti sufficientemente lievi si presenta il fenomeno della risonanza in corrispondenza di (v/v0)=1

Indichiamo col termine inglese fitness il successo riproduttivo di un individuo o di una specie. Un'elevata fitness corrisponde ad un'elevata probabilità di arrivare a trasmettere alla prole i propri caratteri. Chiaramente questo significa tante cose: dei caratteri assicurano un'elevata fitness se consentono a chi li porta di arrivare alla maturità sessuale e di riprodursi con successo, e perché questo avvenga è ovviamente necessario che consentano all'individuo anche di procacciarsi il cibo, di difendersi dai predatori, ecc.
Per ogni specie, gli individui presentano fenotipi differenti, ma questi tendono ovviamente a non discostarsi troppo da una caratteristica configurazione di massima fitness. Il problema è che la presenza delle mutazioni casuali sposta il fenotipo medio dalla posizione di massima fitness, ma dal momento che questa è favorita dalle pressioni ambientali, lo spostamento in questione viene compensato da un richiamo verso il fenotipo di massima fitness, traducendosi in un'oscillazione attorno ad esso di frequenza v0.
A proposito dell'ambiente, alcuni suoi parametri possono produrre effetti epigenetici ereditabili su una parte della popolazione, ossia possono indurre negli individui una variazione, trasmissibile alla prole, dell'espressione genica a dispetto del genoma che rimane invariato (ossia i geni non cambiano, ma il numero e la natura di quelli attivati sì). Questo significa che se uno di questi parametri varia nel tempo sarà possibile una variazione del fenotipo medio all'interno di una popolazione. L'intuizione di Damasco è stata questa: se la variazione di questi parametri ambientali fosse un'oscillazione con frequenza v, allora il sistema popolazione + ambiente ricorderebbe molto l'oscillatore forzato della fisica, infatti il fenotipo medio della popolazione oscilla di suo con la frequenza caratteristica v0, mentre l'ambiente esercita un'influenza su di esso tramite una sollecitazione esterna che oscilla anch'essa, con frequenza v. Ci aspettiamo allora, se l'analogia è fondata, di ritrovare in qualche modo anche in questo caso la casistica che abbiamo individuato in fisica. Andiamo allora a vedere cosa dovrebbe succedere al sistema quando v>>v0, v<<v0 e v=v0 e se è possibile dare un'interpretazione biologica sensata.

Abbiamo detto che per v>>v0 il sistema soggetto alla forzante esterna dovrebbe smettere di oscillare, e nel nostro caso questo significherebbe che il fenotipo medio della popolazione ha cessato di oscillare attorno al fenotipo di massima fitness. Questo è compatibile con l'estinzione della popolazione in esame, che è in effetti ciò che riteniamo altamente probabile in occasione di variazioni troppo repentine dei parametri ambientali. In sostanza la popolazione non ha tempo e modo di adattarsi a causa dell'eccessiva velocità del cambiamento dell'ecosistema in cui è inserita.

Per v<<v0 invece le oscillazioni del sistema in pratica non risentono in maniera cruciale della sollecitazione esterna, dunque le fluttuazioni del fenotipo medio restano più o meno quelle che sono, ossia si preserva l'oscillazione con frequenza v0 attorno alla configurazione di massima fitness, eventualmente giusto con piccole variazioni dell'ampiezza di tale oscillazione. Nel nostro caso questo si traduce nel fatto che le variazioni ambientali sono talmente lente da non esercitare alcuna influenza sulla popolazione (in effetti tipicamente non vengono nemmeno percepite, in quanto si tratta per esempio di variazioni ambientali con tempi su scala geologica).

Per v=v0 abbiamo infine la condizione di risonanza, che dovrebbe far esplodere l'ampiezza dell'oscillazione del sistema forzato. Vediamo cosa accade ad una popolazione soggetta ad una situazione simile: il fenotipo medio, che prima oscillava stabilmente attorno ad una posizione di equilibrio, al subentrare della forzante dotata della stessa frequenza di oscillazione abbandona il vecchio perno attorno a cui oscillava per esplorare nuove possibilità fenotipiche prima lontanissime dalla sua portata, finendo poi per ricollocarsi stabilmente attorno a nuove posizioni di equilibrio. In sostanza abbiamo una popolazione che inizialmente ha un fenotipo medio oscillante attorno ad una specifica configurazione di caratteri, per poi ritrovarsi, dopo l'esplosione dell'ampiezza di oscillazione, ad avere un fenotipo medio completamente diverso, che per centro di oscillazione e ampiezza delle oscillazioni non c'entra più nulla con quello di partenza. La popolazione si è dunque evoluta, passando da una specie all'altra.
Questo modello spiega anche la biforcazione in due specie, infatti questo è il caso in cui, dopo che la forzante ha fatto esplodere l'ampiezza dell'oscillazione originaria, il fenotipo in fase transiente di alterazione si è ritrovato ad esplorare un'area delle possibilità contenente ben due posizioni di equilibrio: alcuni individui della popolazione si assestano attorno ad una di queste posizioni, mentre i restanti si assestano sull'altra.

Cosa accade però quando non si verifica nessuna di queste circostanze, cioè quando v, pur diverso da v0, non è particolarmente distante da essa? Se possiamo continuare l'analogia con la coppia di oscillatori, allora possiamo aspettarci quello che in fisica è chiamato fenomeno della sincronizzazione, in cui le diverse frequenze di due sistemi oscillanti non isolati tra loro tendono a mutare per sincronizzarsi su uno stesso valore. Quando uno dei due oscillatori mostra una particolare inerzia a variazioni di questo tipo sarà l'altro a mutare la propria frequenza di oscillazione per adeguarla all'altra. Nel caso della popolazione soggetta alle oscillazioni di parametri ambientali può accadere che alcuni parametri biologici tipici della specie adeguino le loro fisiologiche fluttuazioni in modo tale da avere una frequenza sincronizzata con le oscillazioni di un qualche parametro ambientale a cui sono sensibili. Forse a queste situazioni possono essere ricondotti fenomeni come la sincronizzazione delle pulsazioni luminose delle lucciole (nel video che segue degli artisti sono riusciti ad imporre un certo ritmo agli insetti tramite stimoli luminosi artificiali), oppure i ritmi circadiani, ossia la frequenza di alcune funzioni fisiologiche degli organismi, uomo compreso, che risultano perfettamente tarate sull'alternanza giorno-notte. In sostanza per variazioni periodiche di parametri ambientali che non risultano né troppo veloci nè troppo lente, e la cui frequenza resta però diversa da quella propria delle caratteristiche fisiologiche della specie su cui hanno un'influenza, gli individui si adattano al cambiamento sincronizzandosi con esso. Nessuna evoluzione, nessuna estinzione.


                                     


Per quanto riguarda le frequenze di un'oscillazione periodica, ricordiamo che sono definite come l'inverso del periodo T, ossia del tempo che il sistema impiega a compiere un'oscillazione completa:

v = 1/T

Sappiamo che nel caso il sistema oscilli indisturbato la sua frequenza sarebbe v0, la quale è legata attraverso la stessa relazione al tempo di una singola oscillazione, T0:

v0 = 1/T0

Se n = numero di generazioni che occorrono in media per osservare una mutazione ereditaria in una popolazione

t = intervallo di tempo medio tra una generazione e l'altra per la specie in esame

m = numero di mutazioni che risultano in una singola oscillazione del fenotipo medio

ne consegue chiaramente che T0 = mnt, e quindi:

v0 = 1/(mnt)

La cosa interessante è che i parametri n,m e t, almeno in linea di principio, potrebbero essere ricavati sperimentalmente, aprendo quindi la possibilità a studi di laboratorio, e rendendo di fatto l'idea di Damasco una vera teoria scientifica suscettibile di verifiche empiriche.
Intanto la formula ci permette già di fare qualche interessante speculazione su alcuni momenti della storia evolutiva della biosfera terrestre. Basandosi sui dati paleontologici, Damasco fa notare che da quando sono comparsi i primi organismi eucarioti, circa 2 miliardi di anni fa, alla cosiddetta esplosione del Cambriano, un momento di elevata e rapida proliferazione di nuove specie avvenuta attorno a 500 milioni di anni fa, quasi nulla di eclatante sembra essere accaduto, compatibilmente con una sorta di stasi evolutiva di circa un miliardo e mezzo di anni (naturalmente si tratterebbe di una stasi relativa: non si vuole affermare l'assenza di fenomeni evolutivi degni di nota, del resto in questo periodo compare ad esempio la fauna di Ediacara, ma solo evidenziare che gli eventi del Cambriano stravolsero in tempi relativamente brevi la biosfera come mai è stato documentato in altre epoche geologiche). Se così fosse, la cosa potrebbe spiegarsi tenendo conto che i primi organismi erano unicellulari, e che gli organismi unicellulari hanno in genere un ciclo vitale molto breve, ossia un parametro t molto piccolo. Per t molto piccolo, si vede bene dalla formula che v0 è invece molto grande, e questo significa che l'evoluzione poteva avvenire solo con oscillazioni dei parametri ambientali significativi particolarmente elevata, cosa che però risulta poco frequente. Questo spiegherebbe molto bene una eventuale lunga stasi evolutiva nel pre-cambriano, ci troviamo infatti nel caso v<<v0, ossia nella situazione in cui i cambiamenti ambientali non hanno alcuna influenza sulle specie.
La successiva esplosione del Cambriano può essere stata innescata dall'insorgere di rapidi e significativi cambiamenti climatici e geologici, e la ricchezza di questa evoluzione di massa può essere stata condizionata dal fatto che gli organismi di partenza, molto simili tra loro, avevano anche una frequenza di oscillazione propria v0 molto simile, dunque gli stessi cambiamenti ambientali hanno interessato un numero di viventi enorme. Un'esplosione di pari entità nelle epoche successive non sarebbe stata altrettanto plausibile, e infatti non risulta che si sia mai verificata, in quanto le specie nel frattempo si sono assai diversificate ed hanno acquisito frequenze di oscillazione proprie v0 molto diverse tra loro, col risultato che la stessa oscillazione di parametri ambientali riesce ora ad avere un'influenza solo su alcune specie, lasciando molte altre indifferenti. Ricordiamo però che la variazione dei parametri ambientali può influenzare le specie non soltanto promuovendone l'evoluzione, ma anche estinguendole!
Nel cosiddetto mesozoico, periodo che va approssimativamente dai 251 ai 65 milioni di anni fa, c'era un ampio dominio, oltretutto molto diversificato, dei dinosauri e di rettili vari, mentre i mammiferi restavano confinati in un gruppo più esiguo e meno diversificato (anche se ricerche recenti tendono a ridimensionare un po' questo quadro di marginalità dei mammiferi dell'epoca). Dal momento che questo periodo sembra essere stato relativamente stabile dal punto di vista climatico, possiamo ipotizzare ragionevolmente una frequenza di oscillazioni ambientali v molto bassa, e la spiegazione della grande diversificazione di animali come i dinosauri potrebbe essere spiegata da una facilità di risonanza dell'ambiente con i loro fenotipi, che probabilmente erano caratterizzati da frequenze proprie v0 molto basse, tipiche di animali relativamente longevi (un dinosauro poteva arrivare ai 30 anni, un traguardo piuttosto ragguardevole se confrontato con la breve vita media di molti piccoli mammiferi) ai quali tendenzialmente si associa un valore alto del parametro t. In seguito ad eventi catastrofici e a drastici cambiamenti climatici avvenne un'estinzione di massa, tutti i dinosauri scomparirono lasciando il campo ai mammiferi. Evidentemente questi mutamenti ambientali furono troppo rapidi per la bassa frequenza di oscillazione associata ai dinosauri, che infatti morirono tutti senza riuscire ad adeguarsi, ma non abbastanza per la più elevata frequenza di oscillazione associata ai primi mammiferi.

In sintesi, la teoria delle risonanze evolutive ci dice che probabilmente le specie si sono evolute per salti discontinui stimolati da cambiamenti a carattere periodico delle condizioni ambientali.
Rispetto alle tradizionali teorie dell'evoluzione si adatta meglio alla documentazione fossile, incorpora senza disagi le nuove acquisizioni scientifiche e si presta a verifiche sperimentali.
In attesa di queste ultime, la teoria sembra ragionevole e meritevole di attenzione. Nonostante ciò, le idee di Damasco sono state accolte con ostilità da alcuni divulgatori scientifici con ridotte competenze matematiche. La rivista Focus ad esempio tratta Damasco e Giuliani (il co-autore dell'articolo in cui è stata esposta per la prima volta la teoria) come due bestemmiatori per avere screditato Darwin. Ora, è vero che il modello offerto dalla TRE non è conciliabile con la teoria di Darwin, quello che però Focus dovrebbe sapere è che ai paradigmi del darwinismo e del neodarwinismo oramai si aggrappano, anche nel settore, solo pochi nostalgici per motivi puramente ideologici. Ed è a questi nostalgici che si è rivolta la rivista per trovare manforte, Focus cita infatti un documento della Società Italiana di Biologia Evoluzionistica (SIBE) che prende posizione contro l'articolo di Damasco e Giuliani. Desta curiosità che un testo così breve e povero di argomenti sia firmato da ben 11 scienziati. Come si dice abbia fatto Einstein in risposta al libro "Cento autori contro Einstein", Damasco potrebbe rispondere "Se fossi in errore ne basterebbe uno".
Critiche un po' più lunghe e articolate sono venute invece dal paleontologo Andrea Cau, che ha pubblicato una stroncatura dell'articolo sul suo blog Theropoda.
Complessivamente tutte queste critiche sono basate in larga parte sul fraintendimento di termini ed espressioni utilizzati nell'articolo e sulla manifesta incapacità di comprendere la matematica degli oscillatori. Cau ammette onestamente questo suo limite, anche se poi misteriosamente si contraddice liquidando come grossolana la parte matematica dell'articolo. Comunque è a causa di questa lacuna che i vari critici non hanno capito a cosa serva la TRE e si aspettano dalla teoria dei risultati che questa non si è prefissa come scopi.
Passino poi le valutazioni soggettive sulla forma adottata da Damasco e Giuliani nel loro articolo, e le critiche mosse alle ricostruzioni di pre-cambriano, cambriano e mesozoico fatte da questi (critiche non del tutto fondate ma soprattutto irrilevanti per la teoria), ma è abbastanza grave che si mettano in bocca agli autori delle cose che non hanno mai detto (o che si vedano in ciò che hanno detto delle implicazioni che non sono affatto evidenti). L'esempio più eclatante lo offre la SIBE quando afferma che Damasco e Giuliani hanno ammesso l'inverificabilità sperimentale della TRE. In realtà è vero il contrario: i due hanno chiaramente precisato che la TRE, almeno in linea di principio, si presta a verifiche sperimentali che potrebbero falsificarla, ed è dunque una teoria scientifica a tutti gli effetti.
Per concludere, quando questi critici parlano di modellizzazione sembrano non avere familiarità con questo concetto così importante per le scienze. Per quanto riguarda la multidisciplinarità, tutti si dicono favorevoli ad essa, ma poi nei fatti la ostacolano, visto che pretendono, in un'epoca di estrema settorializzazione dei saperi, che uno scienziato che si ponga al confine tra due discipline sia un grande esperto di entrambe. A tal riguardo può bastare come risposta quello che scrisse Erwin Schrödinger nella prefazione di "Che cos'è la vita?":

"Ciò che si suppone di un uomo di scienza è che egli possieda una conoscenza completa e approfondita, di prima mano, di "alcuni" argomenti; ci si aspetta quindi che egli non scriva di argomenti in cui non è maestro [...] Ma il progredire, sia in larghezza che in profondità, dei molteplici rami della conoscenza, nel corso degli ultimi secoli, ci ha messi di fronte a uno strano dilemma. Noi percepiamo chiaramente che soltanto ora incominciamo a raccogliere materiale attendibile per saldare insieme, in un unico complesso, la somma di tutte le nostre conoscenze; ma, d'altro lato, è diventato quasi impossibile per una sola mente il dominare più di un piccolo settore specializzato di tutto ciò. Io non so vedere altra via di uscita da questo dilemma (a meno di non rinunciare per sempre al nostro scopo) all'infuori di quella che qualcuno di noi si avventuri a tentare una sintesi di fatti e teorie, pur con una conoscenza di seconda mano e incompleta di alcune di esse, e a correre il rischio di farsi rider dietro"

In quest'opera multidisciplinare il celebre fisico comprese che l'informazione genetica doveva essere contenuta in un cristallo aperiodico, diversi anni prima che la scoperta della struttura a doppia elica del DNA confermasse le sue intuizioni.




Per approfondire l'argomento TRE consigliamo ai lettori l'articolo in cui è stata discussa per la prima volta questa teoria, pubblicato sulla rivista Physica A: Statistical Mechanics and its Applications, a firma di Achille Damasco e Alessandro Giuliani, o la sua traduzione in italiano a beneficio dei non anglofoni.

Il video che mostra le lucciole che sincronizzano le proprie pulsazioni luminose con il ritmico accendersi e spegnersi di luci a LED fa parte del progetto Synchronicity di Robin Meier e Andre Gwerder (2015).




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Commenti

  1. Mi pare che questa macchinosa congettura non tenga conto della teoria degli Equilibri Punteggiati di Eldredge e Gould.

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    1. Da come lo dici sembra che la teoria di Gould ed Eldredge confuti quella di Damasco o le tolga originalità. In realtà la discontinuità dell'evoluzione è una delle premesse della TRE, dunque Gould ed Eldredge possono essere scomodati, semmai, a sostegno della teoria, e poi il lavoro di Damasco non si ferma certo a constatare la discontinuità dell'evoluzione, e per questo dunque non è una fotocopia della teoria degli equilibri punteggiati (che infatti si ostina a non abbandonare il modello neodarwiniano di evoluzione qui messo in discussione, senza risolvere i tradizionali problemi che questo modello contiene).
      Che non ne abbia tenuto conto comunque è smentito dal fatto che l'opera dei due è citata nell'articolo di Damasco e Giuliani, e questa citazione è anche parte di una delle obiezioni mosse da Cau (nel nostro testo sono incorporati i link alle fonti). Per quanto ci riguarda, non abbiamo ritenuto doveroso citare esplicitamente Gould ed Eldredge perché la cosa era completamente inutile ai fini del discorso, senza contare che diamo per scontato che i nostri lettori conoscano già certe cose.

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