La sintropia: una teoria unitaria del mondo fisico e biologico

Embrione umano di 8 settimane con evidenziata la rete di nervi periferici


Il viterbese Luigi Fantappié (1901 – 1956), laureatosi con lode in matematica pura alla Normale di Pisa a soli 21 anni, ottenne fama internazionale con la sua teoria dei funzionali analitici e ricoprì ruoli di grande prestigio come quello di vicepresidente dell’Istituto Nazionale di Alta Matematica dell’Università di Roma. Fu membro dell’Accademia dei Lincei, occupò diverse cattedre e durante la sua carriera vinse numerosi premi come la medaglia d’oro per la matematica della Società Italiana delle Scienze. Sono noti attestati di stima nei suoi confronti da parte di assoluti protagonisti della matematica e della fisica dell’epoca: ad esempio Louis De Broglie, vincitore del premio Nobel per le sue idee sul dualismo onda-particella, lo definì un “eminente scienziato e pensatore, professore attento e disponibile e chiarissimo divulgatore”. Di notevole interesse anche la sua pionieristica teoria degli universi fisici, ma la teoria più ambiziosa coltivata dallo studioso era quella che mirava ad unificare i fenomeni fisici e biologici. Questa teoria, esposta pubblicamente per la prima volta nel 1942, si rivelerà ricca di implicazioni sorprendenti. Ripercorriamone i tratti salienti seguendo il suo testo del 1944, “Principi di una teoria unitaria del mondo fisico e biologico”.
Luigi Fantappié

IL MATRIMONIO DIFFICILE TRA MECCANICA QUANTISTICA E RELATIVITÀ RISTRETTA

La fisica del primo Novecento aveva ormai messo in luce la doppia natura, corpuscolare e ondulatoria, dei costituenti fisici fondamentali: così come le onde elettromagnetiche potevano essere considerate come fotoni, così anche un fascio di elettroni, note particelle elementari, sotto le giuste condizioni manifestava fenomeni di diffrazione e interferenza tipici delle onde.

Schema dell'esperimento della doppia fenditura, capace di mostrare il dualismo onda-particela nell'elettrone. Gli elettroni sparati dal cannoncino vengono costretti a passare preliminarmente attraverso due fenditure per poi depositarsi su uno schermo. Ci aspetteremmo che gli elettroni, data la loro natura corpuscolare, terminassero la loro corsa in due aree distinte collocate sulle uniche traiettorie consentite dalle fenditure, in realtà però sullo schermo si osserva una figura di interferenza tipica invece dei fenomeni ondulatori.

D’altro canto la relatività ristretta di Albert Einstein, che aveva ricevuto importanti conferme, fondeva in un continuo a quattro dimensioni, il cronotopo, le tre dimensioni spaziali e il tempo. Dunque una trattazione completa dei fenomeni particellari sembrava dovesse contemporaneamente tener conto del dualismo onda-particella e calare i costituenti fondamentali del mondo fisico in un ambiente quadridimensionale. Questo però era qualcosa che in generale non si riusciva a fare in maniera soddisfacente: la famosa equazione di Schroedinger utilizzata per la descrizione dei sistemi quantistici non è in grado di tener conto della relatività, e si presenta dunque come una semplice approssimazione buona per quei casi in cui si possa considerare praticamente infinita la velocità della luce.
Equazioni in grado di mettere d’accordo meccanica ondulatoria e relativistica furono però trovate per un caso particolarissimo, quello della singola particella. A Paul Dirac si deve la trattazione completa delle equazioni ondulatorio-relativistiche dell’elettrone libero, in grado di render ragione di cose fino ad allora sfuggenti come lo spin. Inizialmente le equazioni di Dirac erano esposte a critiche basate sul fatto che alcune loro soluzioni corrispondevano a speciali elettroni a carica positiva anziché negativa, ma la scoperta del positrone, effettuata poco tempo dopo da Patrick Blackett e Giuseppe Occhialini, diede la giusta risposta a tali obiezioni.
Restava aperto il problema di descrivere altri sistemi, ma anche se non erano note le equazioni più generali era possibile prevedere alcune caratteristiche che avrebbero dovuto avere. Infatti alcune proprietà delle equazioni di Dirac potevano essere generalizzate perché del tutto indipendenti dalla particella studiata da Dirac, l’elettrone, avendo a che fare esclusivamente con la natura geometrica del cronotopo.
Le soluzioni di queste equazioni erano di due tipi:
1) Potenziali ritardati, ossia onde divergenti da una sorgente
2) Potenziali anticipati, ossia onde che convergono verso un punto di assorbimento (una sorgente negativa), cioè i potenziali ritardati con il verso di propagazione invertito.
La soluzione più generale è data naturalmente dalla combinazione di questi due tipi di soluzioni, ossia dalla somma di un contributo ritardato e di un contributo anticipato. In entrambi i casi i fronti d’onda sono superfici sferiche, con raggio crescente nelle onde divergenti e decrescente in quelle convergenti.
Ora, le onde del secondo tipo, i potenziali anticipati, pur essendo soluzioni matematicamente legittime erano state sempre scartate dagli scienziati, che le consideravano prive di senso fisico e non riscontrabili in natura. Effettivamente immaginare un fronte d’onda sferico che si contrae realmente su un punto partendo da una distanza infinita di primo acchito è difficile: un fenomeno di questo tipo sarebbe in grado di convogliare energia inizialmente dispersa nello spazio infinito verso un singolo punto, rendendo eventualmente possibile tra l’altro il funzionamento di un perpetuum mobile, cosa normalmente ritenuta assurda.


PRINCIPIO DI CAUSALITÀ ED ENTROPIA

Un fenomeno B è causato da A, direttamente o indirettamente, quando la riproduzione in laboratorio di A è seguita sempre ed immancabilmente dal verificarsi di B, a prescindere da qualsiasi altra variabile del contesto. I potenziali ritardati di cui abbiamo parlato, onde divergenti da una sorgente A, rappresentano proprio fenomeni B che hanno la loro causa in eventi A. La maggior parte dei fenomeni fisici e chimici sembra essere di questo tipo, infatti riusciamo a riprodurli ponendo a nostro arbitrio la loro causa in laboratorio. Procedendo per analogia dovremmo concludere che invece i potenziali anticipati non sono fenomeni prodotti da una causa che può essere posta a piacimento in laboratorio ma fenomeni indirizzati verso un fine e che non possono essere riprodotti direttamente e a piacimento proprio perché non sono determinati da una causa.
I fenomeni del primo tipo, quelli mossi da una causa, sono detti da Fantappié
“entropici”, in quanto l’intensità delle onde che li rappresentano, che come abbiamo visto sono divergenti, all’avanzare dell’onda si diluisce sempre più, tendendo a far aumentare nei sistemi in cui tali fenomeni si verificano il grado di mescolamento ed uniformazione, ossia l’entropia. È evidente dunque che per Fantappié il secondo principio della termodinamica non è e non discende da un postulato, derivando invece dal principio di causalità che regge i fenomeni a cui si riferisce. Questo spiega anche perché non sia possibile realizzare un perpetuum mobile: le macchine che costruiamo dissiperanno sempre ed inevitabilmente un po’ di energia, in quanto il fatto di essere causate (da noi) le rende sistemi necessariamente entropici.
Per ragioni speculari a quelle che ci hanno portato a definire “entropici” i fenomeni legati
ai potenziali ritardati, stabiliamo che eventuali fenomeni legati ai potenziali anticipati tenderebbero a far diminuire l’entropia dei sistemi in cui si verificano, il che concretamente significa che col tempo la differenziazione del sistema interessato da tali fenomeni cresce. Se ponessimo accanto all’entropia, misura del grado di “disordine” di un sistema, una misura del grado di “ordine” di un sistema, potremmo chiamarla “neghentropia”, come fa Erwin Schroedinger, o “sintropia”, come fa Fantappié. Continuando ad usare la terminologia del matematico viterbese definiremo “sintropici” i fenomeni legati ai potenziali anticipati, che tendono a far aumentare l’ordine dei sistemi su cui agiscono. È evidente che a questi fenomeni, in effetti non retti dal principio di causalità quanto piuttosto da una sorta di principio di finalità, non si applica il secondo principio della termodinamica.
Sintetizzando, i fenomeni entropici sono quelli generalmente studiati da scienze quali la fisica e la chimica, che li riproducono in laboratorio, generati da una causa posta nel passato e che tendono a far aumentare l’entropia dei sistemi. Quelli sintropici, se esistono, sono mossi da un fine che si concretizza nel futuro, non sono riproducibili a comando e fanno diminuire l’entropia dei sistemi. Anche se Fantappié nel suo libro ipotizza che i raggi cosmici possano essere un fenomeno sintropico, generalmente questo tipo di fenomeni cadrebbe al di fuori del campo della fisica. I fenomeni sintropici sono collegati ad onde convergenti, ma dal momento che si può immaginare che il fronte d’onda sferico che si concentra fino a collassare in un punto riemerga poi da questo come fronte d’onda sferico in allontanamento, si può prendere in considerazione l’idea che, mentre un fenomeno sintropico non può essere prodotto da fenomeni entropici, un fenomeno entropico può essere prodotto da fenomeni sintropici.


I FENOMENI SINTROPICI: COME DOVREBBERO ESSERE

Ma questi fenomeni sintropici esistono? Se sì, non dovremmo osservarli in natura?
Cominciamo col ricordare l’obiezione che ha portato gli scienziati a scartarli: i fenomeni sintropici potrebbero realizzare un perpetuum mobile, ma non siamo in grado di produrre qualcosa del genere.
L’obiezione cade quando si ricorda che una delle caratteristiche dei fenomeni sintropici è proprio quella di non poter essere causati arbitrariamente, quindi è normale che non si riesca a costruire una macchina a moto perpetuo. Per quanto riguarda un eventuale perpetuum mobile spontaneo in natura, il non osservarlo non sarebbe un problema insormontabile per la teoria, in quanto è chiaro che perché si produca una cosa simile non è sufficiente che delle onde di energia convergano su punti qualsiasi ad istanti qualsiasi, ma deve verificarsi una concentrazione di energia fortunata per entità dei contributi e tempistiche.
Nonostante il severo verdetto della termodinamica, ancora oggi ingegneri "ribelli" nei loro scantinati tentano di costruire macchine a moto perpetuo. Un loro padre nobile può essere considerato Johann Ernst Elias Bessler, detto Orfyrreus, che nella prima metà del XVIII secolo esibì in vari contesti, anche alla presenza di illustri scienziati, una macchina di sua invenzione che teoricamente realizzava un moto perpetuo. Di questo marchingegno ci rimangono solo alcuni disegni insufficienti a capirne il funzionamento,  funzionamento che Orfyrreus mantenne sempre segreto gettando in questo modo legittimi sospetti sul suo operato.

Comunque secondo Fantappié
in uno spazio che fosse sferico anziché euclideo i fenomeni sintropici sarebbero non solo possibili ma addirittura necessari:

“Data infatti un’onda divergente da un certo punto, questa in uno spazio sferico, continuerebbe a divergere solo fino a una sfera massima (equatoriale) per cominciare poi a restringersi e a convergere nuovamente verso il punto posto agli antipodi del punto iniziale, analogamente a quanto fa una propagazione ondosa su una superficie sferica, la quale partendo da un centro di perturbazione si propaga per onde circolari via via più ampie fino a raggiungere un cerchio massimo, trasformandosi da quel momento in un’onda convergente verso il punto posto agli antipodi”

La
difficoltà di osservazione di fenomeni sintropici può essere ricondotta anche al fatto che il loro contributo può essere mascherato dai fenomeni entropici. Infatti finora abbiamo parlato di fenomeni entropici e sintropici fondamentali, ma così come i fenomeni di cui facciamo esperienza sono senz’altro un intreccio di più fenomeni entropici fondamentali, non si può escludere che i fenomeni sintropici si trovino in natura intrecciati e combinati con altri fenomeni sintropici e soprattutto con fenomeni entropici che potrebbero occultarli. A proposito del potere che i fenomeni entropici potrebbero avere, vale la pena evidenziare che i fenomeni sintropici, sebbene non siano producibili a comando, potrebbero essere influenzati dall’interazione con fenomeni entropici che, questi sì, siamo in grado di produrre a tavolino.
In effetti l’eventualità di un
accumulo illimitato di energia o di materia, ipotesi compatibile con l’azione di soli contributi sintropici ma che sembra inverosimile, potrebbe essere resa impossibile proprio dall’azione di agenti entropici, in grado di compensare l’accumulo attraverso una dispersione di energia, ad esempio sotto forma di calore, o di materia. Un sistema ibrido di questo tipo presenterebbe dunque un continuo ricambio di energia e materia.
Inizialmente abbiamo introdotto i fenomeni sintropici parlando di energia che, dall’infinito, viene convogliata in un punto. Ma nei fenomeni sintropici in realtà non c’è una vera e propria radiazione per come la si intende usualmente, nel senso che non è corretto immaginare qualcosa che viene “da fuori”. Ciò che si concentra verso la sorgente negativa via via che il fronte d’onda sferico si riduce è energia o materia che è già tutta contenuta nella sfera e non dipende minimamente da ciò che sta al di fuori di questa.
Tutto ciò che esce fuori dalla sfera in contrazione diventa, in quello stesso momento, irrilevante per il fenomeno sintropico. Tutto ciò che sta fuori non può influire su di esso, ma non solo: tutto ciò che sta al di fuori non può nemmeno essere influenzato dal fenomeno sintropico in questione, e questo si traduce nel fatto che un osservatore esterno non potrà mai rilevare il fenomeno sintropico, mentre invece può attendere e raccogliere le onde divergenti dei fenomeni entropici, che infatti sono osservabili e misurabili.
La contrazione dei fronti d’onda dei fenomeni sintropici tra l’altro procede alla velocità della luce, quindi i corpi escono velocemente al di fuori dello spazio rilevante per il fenomeno sintropico (dal punto di vista dell’osservatore si potrebbe dire che
il fenomeno sintropico singolo tende a sparire senza lasciare traccia molto in fretta). Tutto ciò si traduce quindi in un’ulteriore, ancora più radicale, difficoltà di osservazione: un fenomeno sintropico è osservabile solo indirettamente, mediante fenomeni entropici con esso intrecciati o attraverso le sue conseguenze (si vedano le considerazioni già fatte sui corpi che, a causa dei fenomeni sintropici, dovrebbero accumulare energia o materia, almeno nella misura in cui i meccanismi entropici conservativi, che disperdono energia e materia, lo consentono). 


L’INVERSIONE DEL TEMPO E IL PRINCIPIO DI DUALITÀ: IL RITORNO DELLE CAUSE FINALI

Se ad una soluzione della nostra equazione cambiamo il segno del tempo otteniamo un’altra soluzione della stessa equazione, ma se la prima soluzione era un potenziale ritardato la seconda sarà un potenziale anticipato, mentre sarà un potenziale ritardato se quella di partenza era un potenziale anticipato. Questo significa che ogni fenomeno sintropico è l’inversione temporale di un relativo fenomeno entropico, detto “duale” del primo, e viceversa. Questo naturalmente non significa in alcun modo che un fenomeno, entropico o sintropico che sia, possa essere riavvolto all’indietro, ma solo che se riuscissimo a figurarci tutte le tappe attraverso cui passa in una successione temporale invertita avremmo davanti il suo fenomeno duale. Questa è una strategia utile ad aggirare i limiti di osservabilità dei fenomeni sintropici di cui abbiamo parlato prima, utile per lo meno per poterli trattare da un punto di vista strettamente teorico.
Questo principio di dualità appena esposto per esempio ci permette di comprendere meglio le caratteristiche principali dei fenomeni sintropici dedotti in precedenza:

- Non provocabilità e non influenzabilità

- Tendenza alla concentrazione di materia o energia, in contrasto con la tendenza dispersiva dei fenomeni entropici

- Aumento della differenziazione a fronte di una tendenza dei fenomeni entropici al livellamento e all’omogeneizzazione


Fantappi
é illustra il suo metodo con alcuni esempi, il più semplice dei quali è il seguente. Immaginiamo un comune fenomeno entropico elementare come la propagazione delle onde elettromagnetiche: queste vengono irraggiate da una sorgente da noi predisposta, quale può essere un fiammifero acceso, e poi viaggiano alla velocità della luce verso l’infinito, uniformemente in tutte le direzioni, diminuendo di intensità, senza essere minimamente influenzate dagli oggetti circostanti che la radiazione ancora non ha raggiunto ma che ad un certo punto raggiungerà.
Rovesciando il verso del tempo troveremmo il fenomeno sintropico duale della propagazione delle onde elettromagnetiche, con tutte le sue caratteristiche proprie. In pratica avremmo la propagazione di onde sferiche, dapprima lontanissime e tenuissime, che vanno a concentrarsi alla velocità della luce verso un punto, aumentando via via la loro intensità, che però sarebbe uniformemente distribuita in tutte le direzioni, non dipendendo minimamente dai tutti i corpi circostanti da cui sembrerebbero provenire. Il culmine di questa concentrazione si manifesterebbe in una fiammata al seguire della quale non vi sarebbe più traccia del fenomeno considerato. Nel caso già citato del fiammifero infatti dopo la fiammata otterremmo il fiammifero integro, spento e pronto all’uso, con il fenomeno radiativo fin qui studiato ora del tutto assente. La capacità del fiammifero di essere acceso è dovuta alla sua energia chimica potenziale che, dal punto di vista sintropico, non è altro che la concentrazione dell’energia che sul fiammifero è andata a convergere vagando nello spazio. Ciò che ci sconcerterebbe di più nell’osservare un fenomeno simile è che l’omogeneità delle radiazioni non potrebbe essere giustificata in alcun modo dall’omogeneità delle apparenti sorgenti di provenienza, che omogenee non sono, sembrando il tutto piuttosto il frutto di una sorta di accordo preventivo.
Fantappié sembra dunque aver riscoperto le vecchie
cause finali (Fantappié cita la finalità interna di Kant): i fenomeni sintropici sono diretti verso uno scopo, come se fossero stabiliti da una qualche volontà, così come i fenomeni entropici scaturiscono invece dalle cause. Il fenomeno entropico non esiste in assenza delle sue cause, il fenomeno sintropico non esiste in assenza dei suoi fini. Il principio di finalità che qui viene alla luce può essere considerato sostanzialmente il duale del principio di causalità.


I SISTEMI VIVENTI


  Ontogenesi di un Tritone Alpino (Ichtyosaura alpestris)



Se volgiamo lo sguardo attorno a noi alla ricerca di fenomeni che abbiano le caratteristiche di quelli sintropici ci rendiamo conto che troviamo qualcosa di interessante nei sistemi viventi. Questi sono stati compresi dalla fisica e dalla chimica in alcuni dei loro aspetti, ma non è mai stato possibile ridurli interamente a questi due ambiti che si occupano tipicamente dei fenomeni entropici.
Fantappié ripercorre la lista di caratteristiche proprie dei fenomeni sintropici e ne individua la presenza nei sistemi viventi:


I fenomeni sintropici non possono essere causati direttamente
E in effetti non è possibile produrre la vita in laboratorio senza ricorrere ad un minimo di vita già preesistente, ricorrendo solo agli ordinari fenomeni fisici e chimici. La vita può provenire solo dalla vita.

I fenomeni sintropici non sono influenzabili direttamente
L’unica influenza che si può esercitare sui viventi è indiretta: non possiamo sviluppare direttamente esseri viventi, ma solo lasciarli sviluppare da sé, influenzandoli solo per il tramite di fenomeni entropici a nostra disposizione (somministrazione di cibi, concimi, acqua e regolazione di temperatura, pressione, umidità).

I fenomeni sintropici tendono a concentrare materia o energia
In genere le piante crescono per tutta la vita mostrando quindi un aumento di materia, e anche di energia sotto forma chimica, come se in esse prevalesse l’azione accumulatrice dei fenomeni sintropici su quella dispersiva dei fenomeni entropici. In effetti anche gli animali presentano una condizione analoga nel periodo dello sviluppo, dallo stadio embrionale al principio dell’età adulta, quando poi finalmente fenomeni entropici e sintropici finiscono col bilanciarsi. In entrambi i casi, giunge sempre ed ineludibilmente un momento in cui apparentemente i fenomeni entropici finiscono col prevalere, comportando la vecchiaia e la morte. In biologia i processi sintropici di accumulazione e costruzione vengono detti anabolici, in contrapposizione ai fenomeni entropici di dissipazione e dispersione, detti catabolici.
Anche il
continuo irraggiamento di calore tipico dei viventi può essere ricondotto agli equilibri tra fenomeni entropici e sintropici che li costituiscono, infatti si era detto che un accumulo illimitato di materia ed energia poteva essere evitato da un compensatorio effetto dissipativo dei fenomeni entropici, quale può essere per l’appunto il rilascio di energia sotto forma di calore. Un altro modo di bilanciare l’azione concentrativa dei fenomeni entropici può essere il rilascio di materia, e in effetti i viventi sono interessati da un continuo ricambio di materia in cui ad ogni assimilazione corrisponde l’espulsione di scorie: è quello che comunemente viene detto metabolismo.
La fase dello sviluppo dei viventi comunque non è caratterizzata solo da un mero aumento di materia, quanto soprattutto da un continuo aumento della
differenziazione in tessuti ed organi. La differenziazione dei sistemi viventi si trova già all’interno della cellula e, addirittura, all’interno di ogni singola molecola di proteina:

“In base a recenti calcoli (contenuti nel volume di Guye, L’evolution phisico-chimique, 1940, Ed. Hermann Paris, indicatomi dal Prof. Bachiller, ma che non ho potuto consultare direttamente, date le attuali condizioni di guerra),
la probabilità di formazione anche della più piccola molecola di proteina (2000 atomi) molto differenziata, calcolata con i metodi della termodinamica ordinaria (cioè con le leggi che reggono i fenomeni entropici), risulta inferiore a 10^(-600) e precisamente uguale al numero piccolissimo rappresentato da 0 seguito da ben 600 zeri a destra della virgola e, solo dopo questi, dalle cifre significative 489; in altri termini tale formazione dovrebbe essere praticamente impossibile (come, o più, del passaggio di calore da un corpo freddo a uno caldo). L’esistenza invece di innumerevoli molecole di proteine prova dunque che per esse non vale il secondo principio della termodinamica, che la loro formazione non è cioè un fenomeno entropico, il che spiega anche perché non sia possibile provocare a nostro arbitrio la loro sintesi artificiale con soli mezzi chimici e fisici”

Secondo
Fantappié dunque nei sistemi viventi domina il principio di finalità e questo dominio si manifesta nel loro essere “organismi”, ossia nella loro differenziazione in organi armonicamente coordinati e predisposti per il raggiungimento di particolari fini.
Diventa chiaro a questo punto il motivo per cui non è mai stato possibile ridurre interamente il fenomeno della vita alla fisica e alla chimica: i fenomeni entropici in essa presenti si limitano ad accompagnare e compensare i fenomeni sintropici, che sono quelli a cui si devono le peculiarità dei sistemi viventi.
Per Fantappié vivere è essenzialmente “tendere ad uno scopo, a un fine”
:

“La vita è essenzialmente “missione”, e tanto maggiore deve considerarsi la vita di un essere, quanto più alto, più ampio, più lontano, è il fine a cui tende, quindi quanto più differenziati, variati e complicati saranno i suoi organi, o mezzi necessari per raggiungerlo”

Se Fantappié avesse ragione, tentare di ricondurre i fenomeni sintropici a delle cause potrebbe rivelarsi un errore analogo a quello degli antichi che riconducevano i fenomeni entropici a dei fini, come quando un evento meteorologico era attribuito ad un dio in collera. Tuttavia la posizione degli antichi potrebbe risultare tutto sommato la meno ingenua:
un fenomeno sintropico può dar vita ad un fenomeno entropico, mentre un fenomeno entropico mai e poi mai può dar vita ad un fenomeno sintropico.

UNA CRITICA A DARWIN

La teoria di Darwin
che spiegava l’evoluzione dei viventi con l’insieme di mutazioni casuali e selezione naturale riduceva la variazione delle specie a rapporti di causalità efficiente, ossia a fenomeni entropici.
Fantappié contesta il parallelo che lo stesso Darwin faceva tra la selezione naturale e quella artificiale effettuata dagli allevatori, perché alla luce della teoria mendeliana dell’eredità era chiaro che le varietà di una stessa specie selezionate dagli allevatori non erano vere e proprie forme nuove quanto piuttosto forme e caratteri già esistenti, anche se da principio non distinguibili, negli organismi di partenza. Per quanto riguarda la probabilità di occorrenza di ogni singola forma, Fantappié ritiene di poter ritenere equiprobabili tutti i casi possibili e su queste basi stima che
anche considerando tutto l’universo conosciuto e la sua massima durata verosimile la formazione della più piccola proteina esistente in un qualsiasi momento della storia dell’universo è praticamente impossibile (abbiamo già visto i dettagli), e a maggior ragione sarà dunque impossibile la formazione di un essere vivente.
Fantappié non contesta il principio della selezione naturale, ma ritiene che non abbia potuto operare su variazioni sufficientemente ampie e significative per poter produrre la variabilità dei viventi oggi riscontrabile.
Comunque, stando a quanto Fantappié ha detto a proposito del rapporto tra principio di causalità e aumento dell’entropia, da
un’evoluzione guidata unicamente da cause efficienti, come quella concepita da Darwin, non ci si dovrebbe aspettare nella storia del mondo biologico una diversificazione sempre più ricca quanto piuttosto un crescente livellamento tra gli elementi costituenti. Dunque non dovrebbero moltiplicarsi le specie, né differenziarsi tra loro sempre di più, eppure è quello che sembra effettivamente avvenuto sulla Terra. Qualcuno potrebbe obiettare che evidentemente la biosfera non è un sistema isolato, come richiederebbe per l’appunto la validità del secondo principio della termodinamica, e che l’apparente diminuzione dell’entropia che in essa si scorge è solo una variazione locale, compensata da un aumento dell’entropia nello spazio circostante, tale da rendere sempre e comunque alla fine verificato il secondo principio della termodinamica. Tuttavia Fantappié fa presente che, per quanto se ne poteva sapere ai suoi tempi, almeno fino al carbonifero la Terra era ricoperta da una fitta coltre di nubi al di sotto della quale le condizioni di temperatura, umidità ecc erano uniformi. Questo rendeva il nostro pianeta praticamente un sistema isolato.
L’evoluzione dei viventi potrebbe essere spiegata più coerentemente, a detta dal matematico, accettando l’idea che il fenomeno vita sia caratterizzato dalla natura sintropica di buona parte dei fenomeni che la costituiscono: così come nel singolo organismo i fenomeni entropici producono crescita e diversificazione, così nella biosfera è verosimile che producano aumento delle specie e diversificazione delle stesse. In quest’ottica però le mutazioni non sarebbero dovute al caso come voleva Darwin, ma sarebbero in qualche modo finalisticamente orientate. In qualche modo l’intera biosfera è come se fosse un gigantesco organismo, le cui parti, armonizzate tra di loro, sono costituite proprio dalle varie specie. Del resto negli ecosistemi capita di imbattersi in specie diverse che sono mutuamente dipendenti, nel senso che l’una non potrebbe sussistere senza l’altra, proprio come gli organi di un unico organismo.



COME STUDIARE I FENOMENI SINTROPICI

Abbiamo già visto che il metodo scientifico tradizionale non può applicarsi ai fenomeni sintropici, perché questi non possono essere causati in laboratorio. Fantappié però non si arrende all’idea di lasciarli del tutto al di fuori delle nostre possibilità di comprensione. Invita intanto a vedere quali fenomeni naturali apparentemente mostrano comportamenti che ci aspetteremmo da un’azione degna di nota di fenomeni sintropici (è in questo modo che abbiamo riconosciuto nei sistemi viventi una natura sintropica). L’esperimento galileiano ci è invece precluso, per la peculiare natura di questi fenomeni, ma questo può essere sostituito da quella che Fantappié chiama “sperimentazione duale”: se ipotizziamo che un fenomeno sintropico sia retto da una certa legge, per verificarlo riproduciamo sperimentalmente il suo duale entropico retto dalla stessa legge e che dovremmo essere in grado di immaginare invertendo lo scorrere del tempo nel fenomeno sintropico considerato. In effetti la legge che può descrivere un fenomeno entropico è sempre anche la stessa che descrive il suo duale sintropico.

“Quindi il compito veramente nuovo delle scienze sintropiche consisterà soprattutto nel cercare di riprodurre sperimentalmente i fenomeni entropici, esattamente duali di quelli sintropici considerati, poiché, una volta che ciò sia riuscito, tutto il resto dello studio viene automaticamente rinviato alle scienze entropiche, in generale già molto progredite, che si occupano di tali fenomeni duali”

Nel dettaglio il lavoro dello scienziato dei fenomeni sintropici potrebbe avvenire in queste fasi:

1) In presenza di un fenomeno che vogliamo spiegare, decomponiamolo il più possibile in fenomeni più semplici

2) Tentiamo di riprodurre tutti questi fenomeni. Se ci riusciamo, anche il fenomeno composto di partenza è interamente entropico, e quindi studiabile con gli strumenti della scienza galileiana, altrimenti è lecito sospettare che nei passaggi che non siamo riusciti a riprodurre siano coinvolti fenomeni sintropici.


3) A queste componenti che non siamo stati in grado di riprodurre si applica la sperimentazione duale vista precedentemente



ESEMPI DI APPLICAZIONE DEL METODO OFFERTI DA FANTAPPIÉ

L’assorbimento dell’acqua dal terreno da parte delle piante 
Fantappié fu colpito dal modo in cui le piante assorbono acqua e sali dal terreno convogliandole verso l’alto attraverso il tronco. Il liquido che sale deve ovviamente vincere la forza gravitazionale che lo attira verso il basso, ma secondo lui non è possibile invocare presunti fenomeni osmotici per giustificare questo fatto: se nella pianta ci fosse una concentrazione di sali superiore a quella presente nel terreno, la risalita della sola acqua sarebbe normale, perché per osmosi questa si sposterebbe verso la zona a maggior salinità per diluirne i sali presenti, ma quello che si osserva in realtà è che l’acqua assorbita dalle piante trascina con sé anche una certa quantità di sali provenienti dal terreno.
N
emmeno ricondurre questa ascesa ai fenomeni di capillarità dei corpi porosi funziona, perché non giustificherebbe la risalita del liquido fino a grandi altezze (anche 150 metri in certi alberi di eucalipto).
Una cosa che colpisce è quando le piante riescono a trarre costantemente acqua anche da terreni molto aridi, e quando questo accade la zolla di terra nelle immediate prossimità delle radici si rivela sempre molto più umida del terreno circostante. È chiaro che l’acqua assorbita dalla pianta mediante le radici è quella che si è accumulata in questa zolla, e tuttavia, presumendo in azione solo fenomeni entropici,
dovremmo aspettarci una dispersione di acqua dalla zolla umida al terreno arido circostante, non la concentrazione che invece si riscontra.
Proviamo allora ad applicare il metodo della sperimentazione duale: se il fenomeno originario consiste nell’ascesa di acqua e sale dal terreno alla sommità della pianta lungo il fusto,
l’inversione temporale ci presenta come processo duale la discesa del liquido attraverso il corpo poroso della pianta, dalla sommità alle radici, fino al terreno, con la dispersione finale dell’acqua dalla zolla ove si trovano le radici al terreno arido circostante. Questo fenomeno è chiaramente riproducibile in ogni suo dettaglio, e quindi è entropico in ognuna delle sue fasi.
Questo è l’esempio così come presentato da Fantappié, ma per completezza è necessario ricordare che alla risalita di liquidi lungo il fusto delle piante
contribuiscono anche la pressione radicale (anch’essa però insufficiente al raggiungimento di certe altezze) e la traspirazione (il contributo veramente decisivo), che avviene attraverso gli stomi e che crea una pressione negativa in grado di risucchiare i fluidi verso l’alto.

Stomi al microscopio

La fotosintesi clorofilliana

Prendiamo in considerazione la combustione di tessuti vegetali: è un fenomeno ben noto dal punto di vista chimico e fisico e che sappiamo riprodurre a piacimento predisponendone le cause, pertanto possiamo considerarlo sicuramente entropico, e del resto si tratta di un processo che per l’appunto aumenta l’entropia del sistema, visto che distrugge l’ordine e la differenziazione del tessuto originario. Per la precisione il materiale vegetale arso assorbe ossigeno dall’aria emettendo anidride carbonica, acqua e luce rossastra. Invertendo la direzione dello scorrere del tempo ci aspettiamo di trovare il fenomeno sintropico duale, da cui ci aspetteremo naturalmente quanto segue: il corpo investito da questo fenomeno innanzitutto assorbe anidride carbonica, acqua e luce, per poi emettere ossigeno e formare complicati composti del carbonio (differenziazione crescente della materia di partenza). La luce assorbita però non è tutta quella dello spettro luminoso ma soltanto la luce rossastra, il che implicherebbe che il corpo in questione, che restituisce tutto il resto della radiazione visibile, ci apparirebbe del colore complementare del rosso, ossia verde.
Se ci guardiamo attorno alla ricerca di corpi verdi che accrescono la propria differenziazione interna ed emettono ossigeno grazie all’assorbimento di acqua, luce ed anidride carbonica, non possiamo non soffermarci sulle
foglie verdi delle piante: il processo sintropico duale della combustione vegetale non sarebbe altro che la fotosintesi clorofilliana!
I cloroplasti, gli organuli cellulari all'interno dei quali si svolge la fotosintesi

La psiche umana

Fantappié nota che la maggior parte dei pensieri umani è rivolta a fini futuri, e quindi la ascrive al regno dei fenomeni sintropici. Gli eventi psichici che invece sembrano fare eccezione non a caso sono anche quelli in cui l’attività cosciente dell’individuo sembra affievolirsi (un esempio sono gli scatti d’ira che sorgono improvvisamente in risposta ad una causa esterna). La natura prevalentemente sintropica della psiche umana è particolarmente importante per Fantappié perché rappresenta un osservatorio privilegiato sui fenomeni sintropici:

“Lo studio dei fenomeni della nostra personalità si presenta particolarmente fecondo e utile non solo per questa nuova possibilità che abbiamo di applicare ad essi, come caso particolare, tutti i risultati già acquisiti in generale per il complesso dei fenomeni sintropici, ma anche, viceversa, per la possibilità veramente unica che i fenomeni psichici ci offrono, di farci
conoscere direttamente la vera natura e la vera essenza dei fenomeni sintropici. Se non fosse infatti per i fenomeni psichici, in generale i fenomeni sintropici, essendo circoscritti entro sfere convergenti rapidissimamente (entro i fronti d’onda delle onde convergenti) lascerebbero al di fuori gli eventuali osservatori, e mancherebbe quindi la possibilità di una loro conoscenza diretta”

Secondo Fantappié la natura sintropica dei fenomeni coscienti ci lega indissolubilmente ad un preciso verso del tempo ed è questo che ci permette di distinguere tra fenomeni sintropici, che lo condividono con noi, e fenomeni entropici, legati invece ad un verso opposto del tempo. Di più,
la distinzione tra passato e futuro e la percezione che il tempo scorra dal primo al secondo discenderebbe da questo:

“e del resto la diversità tra passato e futuro, se ben si riflette, consiste soprattutto nel fatto che noi conosciamo, sia pure in parte, i fenomeni entropici del passato, mentre ignoriamo completamente quelli del futuro, d’accordo appunto con il fatto che i singoli fenomeni sintropici, costituenti la nostra stessa personalità, si estendono verso il passato (hanno una “storia”) e non verso il futuro, in cui non vediamo altro che i fini, verso cui tendiamo. Così pure la nostra impressione che il tempo scorra dal passato verso il futuro può ricondursi all’altro fatto che, quando si passa da uno dei fenomeni sintropici della nostra personalità cosciente a un altro successivo nel tempo, questo si estende a un semicono del passato che contiene nel suo interno il semicono, a cui erano estese le perturbazioni del fenomeno precedente, e contiene inoltre una regione in più, ove sono localizzati, in generale, nuovi elementi (per esempio, percezioni di nuovi fenomeni entropici) prima ignorati, che vengono a entrare nella nostra coscienza in aggiunta a quelli che erano presenti nel fenomeno sintropico precedente. È proprio questa aggiunta, questo arricchimento della nostra coscienza, che fa nascere il sentimento interno che si sia aggiunto un certo intervallo di tempo al tempo precedente, o che sia scorso, come comunemente si dice, un certo tempo”



IMPLICAZIONI ETICHE

Una volta appurato che i fenomeni psichici, in quanto fenomeni sintropici, sono attratti dai loro fini, Fantappié aggiunge che tale attrazione è ciò che comunemente viene chiamato “amore”, mentre il “piacere” consiste nell’avvicinarsi e soprattutto nel raggiungere il fine in cui il fenomeno sintropico troverà il suo culmine. Individua poi una gerarchia dei fini, che naturalmente implica una parallela gerarchia di “amori”, dal più prossimo, come l’amore di sé, ai più elevati, come l’amore per la patria, per l’umanità, ecc.
Ricordando che in precedenza l’essenza stessa della vita era stata identificata nel principio di finalità,

“Dovremo allora necessariamente concludere che, per quella parte di vita che a noi interessa direttamente, cioè per la nostra vita cosciente, dovremo ricercare la maggiore ricchezza di vita, quindi di piacere, nel tendere intensamente ai fini (nell’“amare” i fini) che dalla nostra stessa natura ci vengono proposti, preferendo, quando ciò si renda necessario, quelli più alti e più lontani a quelli più vicini e immediati. Ed è da osservare che questa logica conclusione coincide precisamente con gli insegnamenti della nostra morale tradizionale; le scienze morali e giuridiche vengono dunque a inquadrarsi tra le scienze sintropiche”

A questo punto si pone un problema: se i fini muovono i fenomeni sintropici attraverso regole rigide quanto quelle attraverso cui le cause muovono i fenomeni entropici, che spazio rimane per il
libero arbitrio? Se il fine più alto attirasse inesorabilmente gli atti degli esseri umani non si spiegherebbe perché non tutti gli uomini sono eroi, santi o anche semplicemente onesti. È evidente che l’uomo, pur essendo attratto dai fini superiori, può scegliere di tendere verso i fini di rango inferiore, quelli che teoricamente dovrebbero esercitare un richiamo minore.
Ricordando che sono i fenomeni elementari del microcosmo a seguire leggi puramente probabilistiche, mentre il determinismo sorge nel mondo macroscopico, l’ipotesi più naturale è che i fenomeni della coscienza dipendano direttamente dai piccoli fenomeni per cui non valgono ancora le leggi deterministiche.

“In particolare resta così spiegato perché l’uomo possa anche non seguire, nelle sue azioni, la voce della propria coscienza, che lo richiamerebbe naturalmente verso il fine più alto, quando vi è necessità di scelta fra due fini che si escludono a vicenda, resta cioè spiegato come l’uomo possa commettere il male. Questo si presenta dunque come una
libera e spontanea rinuncia a una vita maggiore, cioè come un parziale suicidio”

FENOMENI SINTROPICI NELLA FISICA E NELLA CHIMICA

Constatato che il mondo biologico sembra il luogo d’elezione dei fenomeni sintropici, Fantappié propone
un’interpretazione sintropica anche di alcuni fenomeni studiati nell’ambito della fisica e della chimica, per come li conosceva alla luce delle scoperte della sua epoca. Lo stato attuale della ricerca restituisce spesso una descrizione dei fatti molto diversa rispetto a quella nota a Fantappié, dunque le sue osservazioni potrebbero non essere più attuali. Nondimeno restano esempi del modo in cui uno scienziato dovrebbe ragionare alla luce della teoria della sintropia.


Raggi cosmici
Il matematico ritiene che i raggi cosmici siano isotropi, nonostante la distribuzione non omogenea di corpi celesti attorno alla Terra, e che gli effetti secondari da essi prodotti siano più violenti all’interno dell’atmosfera che ai suoi margini. In pratica sembrano provenire dall’infinito anziché da specifici corpi nello spazio, proprio come ci si aspetta da un fenomeno sintropico, e coerentemente con questa ipotesi sembrano concentrare energia fino ad un acme oltre il quale, come fenomeno entropico secondario, si ha invece una susseguente irradiazione di energia e corpuscoli (i cosiddetti sciami).



Le antiparticelle
Per Fantappié anche le antiparticelle sarebbero un esempio di fenomeni sintropici, per capirne il motivo focalizziamoci solo sul caso del positrone, l’antiparticella dell’elettrone, visto che il discorso può agevolmente estendersi a tutte le altre antiparticelle.
Possiamo provocare l’uscita di un elettrone da un materiale per effetto fotoelettrico, e questo elettrone viaggerà successivamente libero nello spazio. Il moto dell’elettrone libero è un fenomeno entropico, tant’è che l’abbiamo prodotto noi, e viene descritto da una soluzione delle equazioni di Dirac che è del tipo dei potenziali ritardati. Sarà sintropico, come abbiamo visto, il suo fenomeno duale, ottenibile semplicemente invertendo il verso del tempo. Quello che troviamo è il moto di una particella libera simile a quella di partenza ma di carica opposta, il positrone per l’appunto. Da buon fenomeno sintropico, deve esibire la tendenza a scomparire rapidamente senza lasciare traccia, come effettivamente avevano osservato Blackett e Occhialini.
Giuseppe "Beppo" Occhialini e Patrick Blackett, scopritori del positrone

I grandi fenomeni astronomici
Nei cieli avvengono cose riconducibili sicuramente a fenomeni entropici, ma Fantappié individua alcuni casi particolari in cui potrebbero giocare un ruolo i fenomeni sintropici, per non parlare di un terzo tipo di fenomeni che pure crede possa essere riscontrato in ambito astronomico.
L’esempio su cui si dilunga è quello dell’equilibrio dinamico che le stelle sostengono in certe fasi della loro vita: la grande massa della stella tenderebbe a collassare su se stessa per effetto della gravità, ma l’energia sprigionata da reazioni nucleari al suo interno bilancerebbe con una spinta verso l’esterno questa tendenza, rendendo di fatto la stella stabile. La domanda che Fantappié si pone è: da dove derivano quegli elementi radioattivi presenti all’interno delle stelle? Il problema è che Fantappié, negli anni ’40, immagina che le reazioni nucleari che alimentano le stelle siano reazioni di fissione, che partono da nuclei più pesanti per produrre nuclei più leggeri, è legittimo quindi chiedersi come si siano prodotti i nuclei pesanti di partenza, quesito a cui il matematico risponde immaginando un fenomeno sintropico di fusione di nuclei, duale del fenomeno entropico della fissione, all’interno delle nebulose da cui poi nascono le stelle. In realtà all’interno delle stelle si verificano reazioni di fusione nucleare, che oltre all’energia producono anche gli elementi più pesanti. In fondo quello che oggi sappiamo è praticamente la stessa cosa che aveva ipotizzato Fantappié, ma questi aveva collocato il fenomeno nelle nebulose anziché direttamente nelle stelle. Le reazioni di fusione nucleare però non sembrano implicare fenomeni sintropici, dal momento che siamo stati in grado di riprodurle artificialmente.

Nel mondo dei fenomeni astronomici comunque Fantappié si aspetta che possano essere riscontrati anche
fenomeni che non sono né entropici né sintropici. In effetti tra le soluzioni delle equazioni di Dirac non ci sono solo i potenziali ritardati e anticipati, ma anche onde che non hanno sorgenti di alcun tipo, né positive né negative. Questo tipo di soluzione potrebbe descrivere i fenomeni periodici come il moto orbitale di un astro attorno ad un altro.



FINALITÀ ESTERNE

Va detto che alcuni fenomeni sembrano tendere verso un fine pur non essendo propriamente sintropici. Immaginiamo una serie di sorgenti di onde divergenti, legate dunque a fenomeni entropici, poste su una circonferenza: l’inviluppo di tali onde all’esterno della circonferenza darebbe come risultato un fronte d’onda sferico in espansione verso l’infinito, dunque un comune fenomeno entropico, ma all’interno della circonferenza il fronte d’onda risultante sarebbe una sfera in contrazione verso il centro della distribuzione di sorgenti, dunque un fenomeno tendente ad un fine. In questo caso la finalità non apparirebbe però come la causa, che starebbe tutta nei fenomeni entropici originari. Questo dovrebbe farci comprendere che i fenomeni entropici, adeguatamente predisposti, possono convergere verso una finalità che possiamo chiamare esterna in quanto non è ciò che provoca i fenomeni. Questo significa che l’apparenza di un fine non distingue tra un fenomeno sintropico vero e la risultante di più fenomeni entropici. Tuttavia non dobbiamo dimenticare il fronte d’onda esterno alla circonferenza, quello che si espande realizzando in sostanza un classico fenomeno entropico dispersivo: quando un fine è raggiunto dall’evoluzione di fenomeni entropici, esiste sempre un parallelo fenomeno di dispersione che sostanzialmente fa sì che la realizzazione del fine verso cui tendono i fenomeni entropici non abbia mai un rendimento del 100%.
La cosa più importante però è che in casi come questo le sorgenti di fenomeni entropici alla base di tutto sono disposte in un modo ben preciso che fa sì che i fenomeni si combinino in direzione di un fine. In sostanza la loro organizzazione tradisce un’origine sintropica, ossia la loro disposizione è finalizzata a tutto ciò che ne consegue. Questi fenomeni sono disposti sintropicamente.
Nel concreto,
queste cose le osserviamo nelle attività umane e nelle attività animali in generale. Una macchina costruita dall’uomo funziona in modo del tutto meccanico, producendo eventi totalmente determinati da cause, ma queste cause sono determinate dall’uomo che ha realizzato la macchina proprio in vista della realizzazione di certi prodotti, quindi all’origine di tutto c’è un’attività volitiva umana, che come abbiamo visto è un fenomeno sintropico. Anche la sopravvivenza degli animali è in gran parte legata a istinti e moduli comportamentali che funzionano in maniera meccanica, ma questi sono legati a loro volta alla fisiologia di questi esseri, che è venuta in essere sintropicamente.

IL DESTINO DELL’UNIVERSO E L’ESISTENZA DI DIO

“Poi vidi un nuovo cielo e una nuova terra”
(Apocalisse 21:1)


Dal momento che i fenomeni entropici conducono al livellamento e all’indifferenziazione, mentre quelli sintropici producono strutture e complessità, ne risulta che i primi nel corso del tempo si sono fatti più semplici e ridotti, mentre i secondi si sono fatti più ricchi, differenziati e complessi. Alla luce di ciò l’universo non dovrebbe semplicemente estinguersi in una morte termica, come teorizzati da molti fisici, ma acquisire una ricchezza sempre maggiore di fenomeni sintropici, in particolare vitali. Il mondo dei fenomeni entropici si ridurrebbe e semplificherebbe, è vero, ma quello dei fenomeni sintropici si farebbe sempre più ricco e diversificato, inoltre il residuo del mondo entropico verrebbe coinvolto sempre più dal mondo sintropico nella realizzazione di finalità esterne. Questa vittoria del mondo sintropico su quello entropico in realtà si è già stabilita da ere geologiche sul nostro pianeta, ed è dominata attualmente dall’attività umana.

Una altro tema toccato da Fantappié è quello dell’esistenza di Dio:

“E poiché, d’altra parte, è proprio dalla produzione di dispositivi rivolti a un fine, che noi riconosciamo il manifestarsi di esseri intelligenti, una volta che, con la presente teoria, la finalità di tanti apparati del nostro universo (organi degli esseri viventi) e, col passare del tempo, della quasi totalità dell’universo stesso è non solo constatata dai sensi, ma dimostrata come logicamente necessaria, siamo dunque naturalmente ricondotti all’idea, sempre riaffiorante nella storia dell’umanità, di una Intelligenza suprema, di cui tutte queste infinite caratteristiche finalistiche, oramai constatate e dimostrate, prime fra tutte quelle della vita e del nostro stesso spirito, non sarebbero che altrettante splendenti manifestazioni”

Secondo Fantappié
l’esistenza di Dio discende dalle stesse premesse che fondano la scienza, e cioè che la realtà sia sensibile e razionale allo stesso tempo. Dal momento che il mondo come esperito realizza solo una delle infinite possibilità razionali, bisogna chiedersi perché sia realizzata proprio questa e non altre. La ragione di questo fatto non può stare nella natura stessa, perché questa è determinata proprio dalla selezione di una certa possibilità logica in mezzo alle altre. Vediamo dunque che la ragione della natura è ricondotta ad un’altra natura, bisogna dunque riconoscere il trascendente. Se risaliamo attraverso una catena di universi via via più ampi si incontra infine un Essere in cui si realizza tutta l’infinità razionale possibile, e che quindi non necessita di una ragione che lo trascenda. Questo Essere fa esistere concretamente una delle possibilità logiche che comprende, ed è ciò che comunemente viene chiamato Dio.
Per quanto detto, Dio non è fuori dalla scienza come molti ritengono, ma è contemporaneamente sua conclusione permanente e suo motore.

“La scienza è dovuta cioè proprio a quella naturale gravitazione dell’uomo, come essere razionale sia pure limitato, verso Dio, quale suprema Ragione del tutto, e razionalità infinita, e deve quindi a lui le sue stesse scaturigini prime”

(Da “Il problema di Dio e la scienza moderna”, conferenza di Luigi Fantappié del 1947)




LA TEORIA DELLA RELATIVITÀ E UN NUOVO CONCETTO DI ESISTENZA

Nelle sue conferenze degli anni ’40 e ’50 Fantappié discute alcune implicazioni della teoria della relatività che vanno spesso oltre l’ambito strettamente fisico. Una delle cose che più risente dell’influenza della nuova teoria è il concetto di esistenza. In fisica l’esistenza deve avere un valore obiettivo, cioè indipendente dall’osservatore: se una cosa esistesse per un osservatore ma non per un altro non si capirebbe più di quale realtà obiettiva potrebbe occuparsi la fisica. Eppure nella teoria della relatività le distanze spaziali e le durate temporali non sono più assolute ma variano a seconda dell’osservatore. Un’importante conseguenza di ciò è che anche la percezione della contemporaneità di più fatti diventa soggettiva: due eventi che per un osservatore sembrano avvenire in contemporanea per un altro appaiono distanziati da un certo intervallo di tempo. Tutto ciò non è privo di conseguenze sul concetto di esistenza, infatti:

“noi consideriamo esistenti tutte le cose, tutti gli avvenimenti che, in questo momento, sono localizzati in un punto qualunque dello spazio, anche lontanissimo, di cui ci perverrà forse notizia fra anni, anche se inaccessibili direttamente ai sensi. Invece, delle cose, degli avvenimenti passati noi diciamo che non esistono più, e così pure, per le cose e per gli avvenimenti futuri, noi diciamo che non esistono ancora”
(Da “Relatività e concetto di esistenza”, conferenza di Luigi Fantappié del 1948)

Ma questa concezione di esistenza è fondata sulla nozione di contemporaneità degli eventi, infatti le cose dell’istante presente, le uniche esistenti secondo quanto detto sopra, sono contemporanee tra loro e al singolo individuo che così le percepisce, ma per un altro osservatore le cose potrebbero stare diversamente. Ne consegue che
perfino l’esistenza delle cose dipenderà dall’osservatore. Insomma, è normale considerare che due osservatori posti in istanti diversi possano percepire come esistenti cose diverse, ma qui si sta dicendo che addirittura due osservatori collocati nello stesso spazio e nello stesso istante possono avere una diversa percezione dell’esistenza delle cose, a seconda del loro stato cinematico. Se due osservatori A e B si trovano nello stesso luogo e nello stesso istante ma il primo è in movimento rispetto al secondo allora eventi che uno considera esistenti, cioè contemporanei a se stesso, per l’altro potrebbero non essere esistenti perché appartenenti invece al proprio passato o al proprio futuro.
Come fare dunque a ristabilire una concezione dell’esistenza che sia obiettiva e che non neghi la teoria della relatività?
Fantappié individua
solo due possibili vie: negare l’esistenza di qualsiasi evento che potenzialmente almeno un osservatore potrebbe giudicare non esistente o considerare esistente qualsiasi cosa reputata tale da almeno un potenziale osservatore esistente (cioè contemporaneo a chi valuta). La prima via è scientificamente impraticabile, infatti condurrebbe il singolo osservatore a dover considerare inesistente qualsiasi cosa, se stesso incluso. La seconda d’altro canto costringe invece ad ammettere come esistenti anche gli eventi che dal punto di vista del valutante sono passati o futuri, non importa quanto distanti nel tempo:

“In altri termini, dalle nostre premesse di obiettività e di accordo con la teoria della relatività, segue di necessità che tutto esiste ugualmente, passato, presente e futuro, e cioè che tutte le cose, tutti gli eventi passati presenti e futuri esistono insieme; essi esistono qui o lì, ora o ieri o domani, ma esistono tutti insieme”




ESSERE E DIVENIRE: LO SGUARDO DI DIO, IL FILM DELLA PROPRIA VITA, LA MEMORIA E L’ALDILÀ

“Evidentemente, una volta dimostrato che nel nostro universo naturale tutte le cose, tutti gli eventi, passati, presenti e futuri sono ugualmente esistenti, senza nessun privilegio del presente sul passato o sul futuro, non si può concludere che per l’essere dell’universo naturale; l’universo naturale c’è nella sua totalità di passato, presente e futuro, e non diviene.
L’universo naturale c’è, nella sua totalità quadridimensionale (localizzato nello spazio-attivo o cronotopo a quattro dimensioni), ed è dato tutto insieme, con tutte le sue leggi, le quali dunque, anche quando includono il tempo e sembrano perciò a prima vista leggi del divenire, sono in realtà leggi statistiche, leggi architettoniche di questa immensa costruzione immobile, che si estende simultaneamente in tutt’e quattro le dimensioni del tempo e dello spazio”
La percezione del divenire è solo un’esperienza umana legata alla limitatezza dei nostri sensi, capaci di cogliere solo una parte limitatissima della realtà.
Fantappié però, mentre nega il divenire per la realtà nel suo complesso, ci tiene a mettere in guardia il lettore dal pensare di poter negare il divenire all’interno della realtà percepita dal singolo:

“crediamo però necessario insistere sul fatto che, anche se il divenire non riguarda l’universo nella sua totalità, riguarda ciascuno di noi. In questo senso è veramente ancora una realtà obiettiva del singolo, sperimentata del resto da ognuno, e a ognuno manifesta”

e ancora:

È da mettere in rilievo anche che questa realtà del divenire, sia pure limitata ora a ciascuno di noi e dovuta alla nostra particolare struttura, è però importantissima per noi, perché è proprio il senso del divenire del fluire che ci sollecita a inserire sempre più nel mondo della realtà le nostre azioni, le nostre libere decisioni, e che in sostanza ci fa sentire direttamente noi stessi come fortemente cooperanti alla costruzione dell’universo che anche se è dato nella sua totalità, comprende però ognuno di noi e non ci permette l’evasione”La visione obiettiva statica dell’intero universo spetta solo ad un essere che contempli la realtà dal di fuori, al di là di spazio e tempo, a un dio trascendente per esempio. O anche all’essere umano, a patto che questa visione sia adottata solo in determinati momenti. Infatti se l’uomo adottasse permanentemente questa visione si astrarrebbe dal resto del mondo e si ridurrebbe all’inazione.
Con ciò
si rifiuta anche ogni dannoso fatalismo, anche perché la visione della realtà tutta mostra in realtà chiaramente come molti aspetti di essa siano stati determinati dall’azione degli uomini, che a tutti gli effetti cooperano alla creazione.Il libero arbitrio poi non viene minimamente intaccato da questi discorsi, perché il fatto che il futuro esista non implica che non sia costruzione delle nostre volontà, e nemmeno sono verificabili paradossi come quello di chi conosce il suo futuro ma decide di comportarsi in modo tale da realizzarne uno diverso, in quanto nessuno può conoscere il proprio futuro a causa del limite invalicabile della velocità della luce:

“[la teoria della relatività] infatti ci presenta la velocità della luce come una velocità massima, mai superabile in natura, ed è allora facile dimostrare che la notizia di un evento futuro arriva sempre in ritardo a un osservatore mobile lontano, a me contemporaneo, e che magari lo considera poi contemporaneo; osservatore che a sua volta può far conoscere tale evento anche a me, è vero, ma con ulteriore ritardo, e in definitiva, come si può verificare, me lo può far conoscere solo dopo che l’evento stesso è per me già avvenuto e figura ormai nel mio passato”.
Il passato invece lo conosciamo, ma i nostri sensi ce lo fanno distinguere dal presente, senza che le due cose si sovrappongano al punto da confondersi. Questo almeno in condizioni normali, poi Fantappié specula sulle situazioni in cui si presenti un indebolimento dei sensi non accompagnato da un indebolimento della coscienza proporzionato: in tali casi il presente potrebbe perdere il privilegio che ha sul passato e le due porzioni di realtà potrebbero apparire come realmente sono, entrambe esistenti nella stessa misura:

“Ora è interessante notare a questo riguardo che
persone salvate in punto di morte (per esempio che stavano per annegare e avevano già perduto i sensi) narrano per l’appunto di aver rivisto tutta insieme la loro vita passata, come se fosse stata tutta presente, e quindi “esistente”, davanti alla loro coscienza proprio come sarebbe da aspettarsi in base alle nostre conclusioni”.

Questo nuovo modo di vedere le cose può rivoluzionare anche il nostro modo di intendere la memoria. Tradizionalmente si ritiene la memoria una sorta di archivio di dati che alla bisogna possono essere ripescati per un confronto con il presente esperito. Questi dati però, utilizzando la terminologia qui introdotta, devono essere in qualche modo considerati esistenti qui ed ora, anche se sono collegati ad eventi del passato. Molto più economico pensare, allora,
che la memoria non sia la facoltà di immagazzinare ed estrarre da un archivio ma la capacità di ricollegarsi direttamente ai veri eventi del passato, che per quanto detto sopra consideriamo comunque esistenti, senza intermediazioni.
Questo effettivamente spiegherebbe meglio il riaffiorare alla coscienza di ricordi anche minuziosi di fatti lontanissimi nel tempo che erano caduti nel dimenticatoio, cosa che può accadere in certi particolari stati psicofisici.

Prima di concludersi la conferenza di Fantappié da cui derivano gli estratti qui riportati trova lo spazio per porre un’ultima questione, quella dell’
anima e della sua eternità, da intendersi non come una durata temporale infinita ma come uno stato di trascendenza:

È chiaro infatti che la sua vita eterna non andrà più concepita come un fatto, avente durata infinita nel tempo, e quindi sempre legato al mondo naturale, ma come una uscita da questo mondo dello spazio-tempo al momento della cosiddetta morte, per innestarsi in quel solo vero Eterno, che è al di fuori del tempo e dello spazio, e col quale del resto siamo sempre collegati nei momenti più sublimi della nostra vita”.

Altrove (“Metodologia e funzione della matematica nello sviluppo generale della scienza”, conferenza del 1951) spiega questa concezione di identità in termini matematici, rilevando che il nostro mondo quadridimensionale potrebbe essere immerso in uno spazio più ampio a cinque, sei, ecc dimensioni (virtualmente anche infinite), e che
se un osservatore appartenente ad uno di questi iperspazi osservasse il cronotopo del nostro mondo lo vedrebbe tutto assieme, passato presente e futuro. Dal punto di vista di chi invece è vincolato al mondo quadridimensionale, questo spettatore privilegiato potrebbe dirsi eterno, ma tecnicamente non avrebbe nemmeno una durata, non essendo localizzato nel tempo.


Fonte del video: https://aeon.co/videos/watch-a-single-cell-become-a-complete-organism-in-six-pulsing-minutes-of-timelapse?fbclid=IwAR0AQZAVtBklKRmD1GBX0tDGkS9vNfw_VeQzKh6wf3UBv_8JNktPwkyJucY



Se ti è piaciuto l'articolo e vuoi sostenere il nostro progetto ecco come aiutarci

Commenti

Post più popolari