Come muore il sapere: la distruzione della biblioteca di Alessandria

Veduta dell'antica Alessandria secondo Magdalena van de Passe (1614)


La biblioteca di Alessandria, nelle discussioni che avvengono fuori dal mondo accademico, è spesso circondata da luoghi comuni e da autentici miti privi di fondamento. Spesso se ne addebita la distruzione ai cristiani, e si immagina che in un solo giorno sotto le sue macerie finì sepolta per sempre anche tutta la più avanzata scienza dell’antichità.
Questa narrazione in realtà è solo una fantasia, ma dal momento che la si ritrova proposta di continuo, sarà bene demistificarla cominciando dal principio.
Ma qual è il principio della storia della biblioteca di Alessandria? Potremmo prendere in considerazione il momento della fondazione, ma in realtà è possibile risalire anche più indietro nel tempo, fino all’epoca di Aristotele.
Il filosofo nativo di Stagira fu il precettore di Alessandro Magno, quando questi era molto giovane e per un periodo di tempo molto breve. Le notizie sul loro rapporto sono scarse, e stabilire con certezza quale influenza il filosofo possa aver avuto su Alessandro è difficile. C’è chi ha perfino negato che Aristotele possa aver condizionato in una misura significativa il conquistatore macedone, eppure tra le cose che ci sono note c’è il grande amore di Alessandro per la filosofia e le lettere, una passione che potrebbe ben essere un lascito culturale del suo maestro. Checché se ne dica e pensi di questa faccenda, la figura di Aristotele conserva comunque una certa importanza nella storia che andiamo a narrare, per altri motivi su cui torneremo a breve.
Aristotele porge un libro ad Alessandro Magno, xilografia tratta da un'edizione del 1509 della Filosofia morale di Aristotele, stampata da Jorge Coci


Dopo la morte di Alessandro Magno (323 a.C.), il suo immenso impero, che si estendeva dalla Grecia fino all’Indo, venne diviso tra i suoi generali, i diadochi, i quali probabilmente erano stati educati nello stesso ambiente culturale in cui si era formato Alessandro, o da questi erano stati influenzati, perché una volta divenuti sovrani indipendenti mostrarono anch’essi un certo interesse per la cultura e una certa dipendenza dalla scuola filosofica aristotelica. A distinguersi fu soprattutto Tolomeo Soter, ora sovrano d’Egitto. Probabilmente già lui ebbe l’idea di realizzare la grande biblioteca di Alessandria, forse ne iniziò addirittura la costruzione, ma quel che conta è che scelse come precettore per il proprio erede, il futuro Tolomeo II Filadelfo, il filosofo Stratone di Lampsaco, il pensatore che si sforzò di conciliare Aristotele con Democrito e che portò con sé ad Alessandria diversi libri della biblioteca del liceo di Aristotele. Quando la biblioteca fu materialmente completata sotto Tolomeo II Filadelfo, fu affidata nelle mani di un altro pensatore di formazione aristotelica: Demetrio Falereo, discepolo di Teofrasto e successore di Aristotele al peripato.
È questo il periodo della storia antica che chiamiamo ellenismo, un’epoca in cui maturarono i frutti dell’incontro tra la cultura greca, che Alessandro aveva esportato in buona parte dell’Oriente, e quelle locali. A lungo considerata un’epoca di decadenza, stretta tra la Grecia classica e Roma, oggi è stata riscoperta come un momento di grande fervore culturale, in particolare scientifico, e la biblioteca di Alessandria ne è considerata spesso il simbolo.
I Tolomei concepiscono la cultura e la conoscenza come una fonte di prestigio e uno strumento per ampliare il proprio potere: anche il progetto di unificare i sudditi di cultura greca e quelli di cultura egizia con l’introduzione di una nuova divinità metà greca e metà egizia, Serapide, fu agevolato da applicazioni teniche come quelle che consentivano alle porte del serapeo, il tempio dedicato al culto di questa divinità, di aprirsi da sole con grande stupore dei fedeli.


Busto di Serapide conservato ai Musei Vaticani

Tolomeo II in particolare inaugurò la pratica di acquistare libri in ogni dove per arricchire la biblioteca alessandrina, e introdusse una legge che imponeva alle navi che facevano scalo in città di consegnare tutti i libri che avevano a bordo in cambio di copie realizzate appositamente. Vennero inoltre redatti molti nuovi libri, soprattutto traduzioni di opere straniere, e fu così che il catalogo della biblioteca si ampliò rapidamente. Fu in questo contesto, per fare un esempio, che vide la luce la traduzione in greco dell’Antico Testamento, la cosiddetta Septuaginta.
Sotto Tolomeo III oltre alla grande biblioteca ve ne era anche una più piccola annessa al serapeo.
Per capire quale tipo di interesse avessero i Tolomei nel portare avanti queste politiche culturali è sufficiente ricordare un fatto: anche nel resto del mondo ellenistico fiorivano biblioteche, e soprattutto a Pergamo ve ne era una molto grande seconda solo a quella di Alessandria, ma i Tolomei per impedire agli altri stati di insidiare il loro primato culturale giunsero ad un certo punto a bloccare le esportazioni di papiro, l’unico supporto su cui all’epoca era pratico scrivere libri. Senza il papiro egiziano tutte le altre biblioteche si trovarono improvvisamente tremendamente svantaggiate, e fu per questo che a Pergamo si sperimentò un supporto realizzato a partire da pelli animali, generalmente ovine, che fu chiamato per l’appunto pergamena (purtroppo la pergamena rendeva la copia di un libro immensamente più costosa, dunque sul momento questo supporto non aveva alcuna possibilità di scalzare il papiro).
Nel mondo ellenistico si posero per la prima volta le basi della nascita della scienza in senso moderno. Per la prima volta la natura veniva sistematicamente studiata tramite l’esperimento e la modellizzazione matematica, e questo produsse anche un avanzamento tecnico in diversi campi. In effetti lo stato della scienza e della tecnica dell’epoca ellenistica rimarranno ineguagliate per secoli. Questa rivoluzione che poi finì dimenticata fu probabilmente stimolata dal potere, senza il quale i vecchi filosofi naturali del mondo greco forse non avrebbero superato i limiti congeniti delle loro impostazioni tradizionali.

In questo mosaico del III sec. d.C. appartenente ad una villa romana di Treviri (Germania) è possibile ammirare quello che tradizionalmente è considerato un frutto della scienza sorta in epoca ellenistica attorno alla grande biblioteca. Si tratta infatti dell'organo idraulico, o Hydraulis, la cui invenzione è comunemente attribuita a Ctesibio, fondatore della pneumatica ed iniziatore della scuola dei meccanici alessandrini

Tuttavia il mondo scientifico dell’epoca, contrariamente a quello sviluppatosi successivamente nel mondo cristiano, forse dipendeva troppo dalle istituzioni all’ombra delle quali era nato, e non sopravvisse al collasso di queste (ecco perché scoperte ed invenzioni di quel periodo finirono per essere dimenticate, in attesa di essere faticosamente riscoperte secoli dopo).
Per la biblioteca di Alessandria non fu diverso, il suo declino iniziò molto tempo prima che questa venisse materialmente distrutta, e i primi responsabili di questo declino furono innanzitutto i Tolomei, che ad un certo punto si trovarono costretti a tagliare i fondi alle istituzioni culturali di Alessandria. Già questi cambiamenti fecero emigrare diversi scienziati, poi la conquista romana dei regni ellenistici non fece che mettere definitivamente una pietra sopra a questa grande stagione culturale, dal momento che i nuovi signori non ebbero affatto il desiderio di proseguire le politiche culturali dei predecessori.
 Al contrario di quanto immaginano in molti, i libri della biblioteca non furono distrutti da fanatici oscurantisti, ma sparirono da soli perché la riduzione del personale non potè più garantire la frequenza di copiatura dei testi necessaria a garantirne la sopravvivenza a dispetto dell’alta deperibilità del papiro.
La distruzione materiale della biblioteca fu dunque, molto probabilmente, un evento molto meno cruciale di quanto si ritiene comunemente. Resta comunque la domanda “Chi la distrusse e quando?”
Abbiamo ragione di credere che l’edificio possa aver subito più danni in diverse occasioni. Innanzitutto al tempo della campagna d’Egitto di Giulio Cesare (I a.C.): durante i disordini che scoppiarono ad Alessandria si verificò forse un incendio che potrebbe aver coinvolto la biblioteca, ma le fonti al riguardo sono molto contraddittorie.
Se la biblioteca è stata davvero colpita dall’incendio, il danno che ne ha ricevuto dev’essere stato parziale, perché ci sono indizi della presenza dell’edificio anche in epoca successiva. Però durante il conflitto che oppose l’imperatore Aureliano alla regina Zenobia (270 ca.) fu raso al suolo, dicono le fonti, proprio il quartiere dove si trovava la biblioteca, ed è verosimile dunque che anche questa sia finita in macerie. Eppure ci sono perfino fonti musulmane che attribuiscono la distruzione della biblioteca al califfo Omar (notizia da prendere comunque con le pinze perché potrebbe essere semplicemente un’invenzione propagandistica).
In tutto ciò, comunque, dove sono i cristiani? C’è stato chi ha ipotizzato, senza nessuna prova a sostegno, che la biblioteca possa esser stata distrutta in occasione dell’applicazione dei decreti di Teodosio. Questi però si applicavano solo agli edifici di culto, dunque la grande biblioteca ne sarebbe stata risparmiata, e in ogni caso non prevedevano che gli edifici venissero addirittura distrutti. Forse in questo caso si confonde la grande biblioteca di Alessandria con quella minore annessa al Serapeo, ma molto probabilmente questa non era più completamente in funzione all’epoca della distruzione dell’edificio, che per la cronaca avvenne in risposta ad una rivolta di pagani che si erano asserragliati dentro di essa assieme a prigionieri cristiani che venivano torturati e crocefissi.
Per la cronaca, pare che questi ribelli se la siano cavata anche abbastanza bene, perché furono risparmiati in nome della carità cristiana e costretti unicamente all’esilio.


Rovine del Serapeo di Alessandria






Se ti è piaciuto l'articolo e vuoi sostenere il nostro progetto ecco come aiutarci




Commenti

Post più popolari