SDI in viaggio: il tempio mormone di Roma

Il tempio visto da fuori


Dopo aver dedicato un articolo alla dottrina e alla storia della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, ci siamo recati in visita al tempio mormone di Roma prima che venisse dedicato al culto, il 10 marzo 2019, per divenire da quel momento in poi inaccessibile a tutti coloro che non appartengono alla chiesa.
La prima cosa che ci ha colpito è l’immenso dispiegamento umano che ci ha accolto e guidato verso il parcheggio e poi verso il tempio, nonostante ogni luogo fosse immediatamente visibile ad occhio e indicato in ogni caso da una chiarissima segnaletica. Forse serviva a farci sentire decisamente i benvenuti, o forse era un modo per coinvolgere più membri possibili della comunità in questa importante attività della chiesa.
Di sicuro non sarebbe stato agevole gironzolare a piacimento lontano dall’itinerario prestabilito.

La visita al tempio era guidata da un giovane e gentile missionario mormone e preparata dalla visione obbligatoria di un filmato propedeutico. Ci hanno fornito preliminarmente dei copriscarpe per non rovinare tappeti e moquette all’interno dell’edificio.
L’interno di un tempio mormone può spiazzare l’italiano abituato a luoghi di culto di tutt’altro tipo: il luogo non ha la semplicità di una sala del Regno dei Testimoni di Geova, che punta unicamente a consentire la riunione dei fedeli, ma nemmeno la complessa simbologia delle chiese cattoliche. Il tempio mormone potrebbe essere considerato sfarzoso, ma solo per l’ampiezza e il numero degli ambienti e per singoli elementi decorativi che però sono assai ridotti di numero e quasi tutti privi di un significato simbolico (nulla da ridire invece sull’aspetto esterno del tempio, maestoso e suggestivo).
Senza voler mancare di rispetto, in diversi momenti del tour si aveva l’impressione di essere all’interno di un hotel di lusso (non mancava nemmeno una sorta di reception nell’ambiente da cui partiva il nostro itinerario di visita).
L’unica arte presente era costituita dalle stampe di dipinti a tema religioso di qualità non eccelsa, se si fa eccezione per l’unico elemento degno di nota di tutto il tempio, la tipica piscina battesimale sostenuta dai dodici buoi simbolo delle dodici tribù di Israele: questo è l’unico ambiente ben caratterizzato tra tutti quelli che ci sono stati mostrati, assieme alla sala ove si officiano i matrimoni, riconoscibile per un piccolo altare al centro, ai lati del quale si inginocchiano gli sposi durante la cerimonia nuziale.

La piscina battesimale vista dall'alto


particolare dei buoi alla base della piscina battesimale
La sala dove si celebrano i matrimoni, con l'altare al centro
Quando la nostra guida ci ha preannunciato che avremmo visto una sala particolarmente bella, pensata apposta per suggerire al fedele la serenità che lo attende nella sua vita futura, e questa si è rivelata poi semplicemente un salotto buono, abbiamo inevitabilmente pensato che questa religione, sviluppatasi negli Stati Uniti nell’arco dell’ultimo secolo e poco più, probabilmente dev’essersi attrezzata per colpire un immaginario ben diverso da quello costituitosi da noi in secoli di tradizione cattolica. In realtà sotto molti aspetti si ha l'impressione che i mormoni al momento abbiano orientato buona parte della loro comunicazione verso i fratelli di fede degli Stati Uniti, che tramite varie pubblicazioni sono stati tenuti costantemente aggiornati delle varie fasi di realizzazione del progetto romano. Anche nel centro d'accoglienza visitatori di cui parleremo a breve troviamo indizio di ciò: qui possiamo trovare, tra le varie cose, la riproduzione di una tipica casa romana, di quelle che si possono trovare per esempio a Trastevere, un'attrazione priva di appeal per un abitante del luogo ma probabilmente molto gustosa per un visitatore americano. Ci auguriamo comunque che questi non si accontenti della riproduzione e vada ad apprezzare di persona i quartieri storici di Roma, i vicoli, i tesori d'arte delle chiese, le taverne.

Come dicevamo, alle pareti sono appese raffigurazioni di scene tratte dai testi sacri, ma sono descrizioni puramente didattiche prive di elementi simbolici. Si potrebbe dire che il simbolo, che domina l’arte decorativa delle chiese cattoliche, anche quelle più disadorne e meno inserite nel solco della tradizione, è stato completamente espunto dal tempio mormone. Quella che siamo abituati a considerare arte sacra è stata bandita dal tempio, ma non dal circondario, visto che nei paraggi sopravvive, emarginato e rinchiuso in una sorta di riserva, qualcosa che a noi risulta di sicuro più familiare.
Infatti alla fine del tour, una volta tornati a rivedere la luce del Sole, proprio mentre la nostra guida ci stava spiegando che nel tempio non avevamo visto alcuna croce perché a loro piaceva pensare al Gesù trionfante dopo la resurrezione piuttosto che a quello sofferente sotto la frusta o appeso sul legno, eravamo in grado di scorgere, oltre una grande vetrata, in lontananza, proprio il simbolo per eccellenza del calvario di Cristo.
Non lontano dal tempio sorge infatti il centro d'accoglienza visitatori, che ospita un gruppo scultoreo raffigurante Gesù Cristo, sovradimensionato, contornato dai dodici apostoli (senza Giuda Iscariota naturalmente, sostituito però da Paolo anziché da Mattia, colui che gli succedette effettivamente stando a quanto ci raccontano gli Atti degli Apostoli). Ognuna delle figure è identificabile per attributi simbolici molto familiari a chi si interessa di arte cristiana, in particolare la croce che avevamo scorto era brandita dall’apostolo Filippo.

Il gruppo scultoreo che accoglie i visitatori
Entrati nel centro potevamo dunque ammirare tutti i personaggi con i tipici segni identificativi che la tradizione iconografica ha attribuito loro:

Pietro, con le chiavi del Regno dei Cieli, conferitegli da Cristo stesso in Matteo 16:19

Giacomo il maggiore, con il bastone da pellegrino in riferimento al famosissimo pellegrinaggio verso Santiago de Compostela

Giovanni, con l’aquila, l’animale del tetramorfo a lui associato a partire da San Girolamo (come infatti i nostri lettori sanno l’animale che Ireneo di Lione in principio associò a Giovanni era il leone)

Andrea, con la croce “a X” (crux decussata) su cui fu martirizzato secondo alcuni

Filippo, con la croce di legno in mano, ad indicare le modalità del suo martirio almeno secondo la tradizione che lo vuole crocefisso a testa in giù

Bartolomeo con in pugno il coltello che lo scorticò

Tommaso con la squadra da disegno che gli deriva dall’aver, secondo un aneddoto agiografico, costruito un palazzo per un re indiano (evento che gli è valso il titolo di patrono degli architetti)

Matteo, con ai piedi un sacchetto probabilmente pieno di monete, in riferimento alla sua iniziale attività di esattore delle tasse

Giacomo il minore, con il bastone che fu usato per ucciderlo secondo una tradizione
Giuda Taddeo con l’alabarda, lo strumento che secondo una versione della sua agiografia lo martirizzò

Simone lo zelota con la sega da falegname che lo fece a pezzi

Paolo, con la spada con cui venne decapitato

Curioso che una comunità che, stando alle parole della nostra stessa guida, considera la chiesa storica caduta in apostasia subito dopo la morte dell’ultimo apostolo e il ricordo di Gesù nel momento della sua tribolazione inopportuno e poco edificante, abbia scelto poi di accogliere i visitatori con statue che racchiudono un simbolismo nato nella chiesa successiva alla presunta apostasia e risultante nella metà dei casi in un'esibizione di strumenti di martirio.

Il gruppo scultoreo in effetti è una riproduzione delle statue realizzate a Roma nel XIX secolo dallo scultore danese Bertel Thorvaldsen per la cattedrale di Nostra Signora di Copenhagen, nata cattolica ma oramai luterana da secoli.
Un'analisi delle statue originali riserva una sorpresa di non poco conto: nell'originale di Thorvaldsen Matteo non è solo ma affiancato dall'uomo del tetramorfo, essendo Matteo un evangelista come Giovanni. Sembra che questo dettaglio della statua sia stato censurato nella riproduzione, per motivi non chiari ma che potrebbero essere legati ad un'interpretazione errata del personaggio (alcuni mormoni in visita alla cattedrale l'hanno definito "un angelo che detta il Vangelo", altri hanno parlato genericamente di un "bambino alato"), visto che nella statua raffigurante Giovanni l'aquila è stata mantenuta senza problemi. In effetti su un sito mormone apprendiamo che l'aquila è stata correttamente intesa come uno degli esseri dell'Apocalisse (il tetramorfo, appunto) ma affiancata a Giovanni solo in quanto questi è l'autore nominale di questo libro del Nuovo Testamento. In realtà la cosa ha poco senso, visto che nel testo compaiono tutti e quattro gli esseri (che oltretutto fanno la loro prima comparsa nel Libro di Ezechiele), e nulla può giustificare la predilezione mostrata verso l'aquila se non la tradizione successiva fondata da San Girolamo. Come che stiano le cose, è sorprendente un'alterazione così vistosa della statua originale dopo che a più riprese la chiesa si è vantata di aver realizzato, con l'ausilio delle tecnologie più avanzate, le riproduzioni più fedeli dell'opera di Thorvaldsen.


A sinistra la scultura originale di Thorvaldsen, a destra la riproduzione nel centro visitatori del Tempio di Roma. Si nota come la creatura alata accanto all'apostolo sia stata eliminata

Screenshot rispettivamente da media-mormoni.it e lachiesarestaurata.it


Istantanee dal video, uno dei tanti, in cui la chiesa si è ventata del gran dispiegamento tecnico messo in campo per assicurare delle copie fedelissime delle statue originali. Strano che abbiano deciso di non riprodurre un dettaglio fondamentale della statua di San matteo

La statua di Gesù che giganteggia sull’intero gruppo comunque è diventata per la Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, una sorta di icona di rappresentanza contemporanea, essendo stata riprodotta a partire dagli anni ’60, e dunque molto prima che il tempio di Roma fosse anche solo pensato, in diverse aree templari in giro per il mondo, a partire da quella importantissima di Salt Lake City. Il Cristo di Thorvaldsen viene riprodotto di frequente anche in pubblicistica della chiesa, e ha assolto il compito di allontanare le critiche di chi accusava i Santi degli Ultimi Giorni di non essere una chiesa cristiana, avendo relegato in posizione secondaria la figura di Gesù.
Spencer W. Kimball, presidente della chiesa dal 1973 al 1985, al cospetto dell’opera di Thorvaldsen arrivò a definire l’artista sicuramente ispirato da Dio.

Il Cristo di Thorvaldsen sulla coopertina di una rivista mormone
  



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